È lo scambio epistolare, una modalità di comunicazione e relazione ormai molto lontana dal presente, il tema che percorre ‘Best Regards’ di Marco D’Agostin al Teatro Nuovo di Napoli, la lettera danzata di Marco D’Agostin che arriva giovedì 2 febbraio alle 21 (repliche fino al 5) nel Teatro Nuovo di Napoli. Best Regards, il cui titolo allude alla formula utilizzata per concludere le lettere, è frutto di un lavoro corale con Chiara Bersani, Azzurra D’Agostino, Wendy Huston ai testi, Lska per il suono e le grafiche, Giulia Pastore (luci) e Andrea Sanson (scene).
L’assolo di D’Agostin è una sorta di dedica, danzata e recitata, al performer e coreografo Nigel Charnok, scomparso nel 2012 e fondatore, negli anni Ottanta, del DV8-Physical Theatre.
Nel 2010 il danzatore italiano raggiunse Charnok a Londra e lavorò con lui per un certo periodo: un’esperienza fondamentale per tratteggiare con contorni più definiti la propria vocazione, comprendendo meglio come il movimento non potesse che essere complicato e riempito da una drammaturgia complessa e composita.
“Il mio incontro con Nigel – spiega D’Agostin, vincitore del premio Ubu 2018 come miglior performer Under 35 – ha segnato il mio modo di pensare la danza. Nigel rappresentava la possibilità che in scena tutto potesse accadere ed esplodere”. Lo spettacolo trova la genesi in una lettera mai recapitata scritta dalla danzatrice e coreografa Wendy Houstoun al suo amico e collega Nigel Charnock pochi giorni prima che quest’ultimo morisse. D’Agostin celebra la sua memoria, si sottolinea, “con uno spettacolo d’intrattenimento disperato, senza nostalgia, cercando di porre a sé e al pubblico la domanda: cosa scriveresti a qualcuno che non leggerà mai le tue parole?”.
Il performer racconta anche di Natalia Ginzburg e di Cesare Pavese, della Cvetaeva e di Rilke, dello scrivere e del leggere, dei rapporti interpersonali e della possibilità di danzare, ancora oggi. S’interroga su ruolo e funzionamento della memoria, e pone al centro la relazione tra performer e spettatore. “La danza, geografia complessa in cui suoni, parole e movimenti collidono di continuo, tende sempre verso la compromissione emotiva di chi la compie e di chi la guarda” si evidenzia.
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