“Bianca vestita di nero”, la storia d’amore impossibile nel romanzo di Angela Caputo

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“Bianca vestita di nero”, la storia d'amore impossibile nel romanzo di Angela Caputo

Nata a Giarre (CT), tra le pendici dell’Etna e il mar Jonio. Da anni vive e opera a Sacile (PN).

Dopo aver conseguito il diploma presso il Liceo Classico, si è laureata in Lettere Classiche. Ha pubblicato come giornalista pubblicista presso testate locali, lavorato come editor e correttrice di bozze. Ha svolto ricerche di storia locale e nazionale. Ha poi conseguito il Diploma di Specializzazione per l’insegnamento. Da sempre cultrice della storia, in particolare della Seconda Guerra Mondiale e della Shoah, ha insegnato in diverse scuole di ogni ordine e grado. Dopo diverse esperienze come ghostwriter, ha preso il volo come autrice.

Sullo sfondo di un’Italia assediata dal fascismo e dai Tedeschi, dentro il campo di concentramento di Ferramonti nasce l’amore fra Bianca e Goran. Lei fascista e lui ebreo, vivono la loro storia con ardore fra paure e sotterfugi. La loro passione riuscirà ad andare oltre l’antisemitismo, le leggi razziali, gli stereotipi, i pregiudizi?

La scrittrice Angela Caputo ha ben combinato creatività e uno spaccato di storia generando un romanzo che, sulla base di un’accurata ricerca documentaria, schiude un capitolo doloroso della realtà italiana in cui gli orrori del secondo conflitto mondiale hanno lasciato tracce indelebili. “Bianca vestita di nero” è, in fondo, l’analisi di un periodo in cui i regimi fascista e nazista hanno dipinto ancor più di scuro la società italiana, già oppressa da una guerra non più combattuta dietro le trincee ma attraverso bombardamenti, persecuzioni e deportazioni che hanno massacrato gli animi della popolazione civile disgregandola e sfaldandola. È anche il racconto fantasioso della vicenda sentimentale che ha come protagonisti una giovane fascista e un medico ebreo.

  • Benvenuta Angela. Come nasce la tua passione per la scrittura? Sei stata anche ghostwriter, tra l’altro e sei giornalista pubblicista ed editor. Abbiamo molte cose in comune, vedo.

Grazie per l’opportunità di questa intervista. Sono anche un’insegnante di Lettere, fin da bambina ho avuto la passione per la scrittura e la lettura. Dopo il liceo classico ho svolto attività di editor, correttrice bozze, ghostwriter e giornalista per testate locali e in collaborazione con altri autori. Durante l’università però ho dovuto trascurare la scrittura per ovvi motivi di studio, poi ho intrapreso altre strade, alternando a periodi di stacco e ripresa. Adesso spero di continuare l’attività da sola per chi avrà il piacere di leggermi.

  • Ti sei quindi dedicata alla scrittura, dopo varie esperienze lavorative. Mi dici tre aggettivi che definiscono il tuo talento?

Versatile, riflessiva e attenta. La mia esperienza in diverse aree mi ha reso capace di adattarmi a situazioni e temi diversi, riflettere attentamente sui dettagli e approfondire le sfumature, cercando sempre di migliorare nel mio lavoro.

  • “Bianca vestita di nero” è il tuo ultimo libro, edito da Atile edizioni. Ci troviamo all’interno di un campo di concentramento, in località Ferramonti. Cosa accade Angela?

“Bianca vestita di nero” è un romanzo definito ibrido, cioè a metà tra il genere storico e rosa. È ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale a Tarsia (Cosenza), in Calabria, durante l’estate del 1942, all’interno del campo di concentramento fascista di Ferramonti, dove sono internati gli ebrei stranieri arrestati in Italia subito dopo le leggi razziali emanate da Mussolini nel 1938. La storia inizia con l’imminente visita nella provincia di Cosenza del Duce e dell’ispezione al campo di concentramento da parte della delegazione fascista e nazista. Il podestà, già impegnato col partito, nomina la nipote Bianca, appartenente alla gioventù mussoliniana fin da bambina, come sua fiduciaria e le assegna il delicato compito di organizzare l’accoglienza per gli ufficiali delle SS e di infiltrarsi, sotto le mentite spoglie di dama di carità, all’interno del campo di concentramento, al fine di destituire il comandante accusato di essere un anti fascista e amico degli ebrei. Bianca però nasconde qualche segreto dietro la sua divisa del fascio femminile: un fidanzato antifascista al fronte, la migliore amica ebrea e una famiglia che sotto banco aiuta gli internati di Ferramonti. Il suo ingresso al campo le stravolgerà la vita: incontrerà un’umanità varia, l’accoglienza delle donne ebree nelle baracche, il maestro degenerato e censurato dai nazisti MichelFingesten e soprattutto lui, il medico tedesco ebreo, Goran Jacowitz. Tra i due nascerà un amore travolgente e illegale per le leggi razziali in vigore. Questo romanzo rende soprattutto omaggio agli internati di Ferramonti, il primo campo di concentramento della storia a essere liberato (dopo l’8 settembre del 1943, cioè esattamente 80 anni fa) e l’ultimo a essere chiuso nel 1945 dopo aver svolto la funzione di raccolta profughi. Le testimonianze lo ricordano come luogo di salvezza per chi è riuscito a scampare alle destinazioni tristemente note.In realtà ci sono luci e ombre su Ferramonti, sia per quanto riguarda la vita non facile degli internati sia per il popolo calabrese che ha svolto un’opera di volontariato nei riguardi dei prigionieri.

  • Il titolo già dice tutto. Perché hai scelto proprio il periodo storico della seconda guerra mondiale?

Ho scelto questo periodo storico perché c’è un vissuto storico familiare. Inizialmente avrei dovuto raccontare la storia di mia nonna sotto la guerra, poi la storia ha preso altri percorsi. Nel titolo ho giocato sul nome della protagonista che appunto si veste di nero, indossando la divisa del Fascio femminile, ma dietro la camicia nera Bianca non si lascia trascinare dal “nero”, ovvero il lato oscuro del regime. Piano piano in lei matura la coscienza anti fascista che la porta a delle scelte di rottura con gli ideali seguiti. Nel titolo della copertina si è optato per un gioco di sfumature nelle parole Bianca (scritta in nero) e nero (scritto in bianco).

  • Bianca e Goran, lei fascista e lui ebreo. Cosa hanno in comune?

I due protagonisti hanno in comune una passione irrefrenabile che li lega un amore proibito per l’epoca visto che con le leggi razziali erano vietate le unioni con perone di origine ebraica. Forse sarà proprio l’essere opposti e diversi nelle loro culture e tradizioni d’origine a creare l’alchimia perfetta tra i due.

  • L’amore può abbattere i pregiudizi, l’odio, le dittature?

Sì, l’amore può compiere miracoli in questo senso, anche se purtroppo la sete di potere sarà sempre presente al di là di ogni schieramento politico.

  • Ho visto che hai fatto molta promozione a questo libro. Che tipo di riscontro hai avuto da parte del pubblico?

Ho avuto riscontri molto positivi e anche inaspettati. Per me è stata una sorpresa che questo libro sia piaciuto anche a un target di lettori sotto i 18 anni. E per un romanzo storico è davvero un successo!

  • I tuoi progetti letterari ti portano in quale direzione? E l’argomento sarà sempre la Shoah?

Ho in progetto la stesura di due libri tra cui un eventuale spin off di Bianca. In realtà non ho intenzione di tralasciare l’argomento Shoah su cui continuo a leggere e documentarmi, ma ho anche voglia di cimentarmi e sperimentare altri generi.

  • Angela, in conclusione, dimmi tre motivi per i quali bisognerebbe leggere “Bianca vestita di nero”?

Prima di tutto riflettere sulla nostra società nel confronto con ieri, poi imparare la resilienza per non mollare mai di fronte alle avversità e infine vivere le emozioni di una grande storia d’amore.

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