Dopo aver dichiarato la propria ferma indisponibilità a rinnovare la detrazione al 110% per il miglioramento energetico degli edifici e a concedere ulteriori proroghe all’incentivo del Superbonus, il Governo sceglie invece di procedere a una proroga limitata alle villette a schiera (per le quali la scadenza è differita dal 30 giugno al 31 dicembre 2022).
Per il resto, i fondi a disposizione sarebbero già esauriti.
In ogni caso, già dall’inizio dell’anno le banche non accettano più di scontare i crediti d’imposta maturati dalle imprese e prima di loro si era fermata Poste S.P.A. Questo rende impossibile a decide di migliaia di imprese cedere i crediti di imposta legati al bonus, anche a effetto del giro di vite introdotto dal Governo per evitare una ulteriore crescita di frodi legate al settore (che a oggi ammontano a ben 5,6 miliardi di euro).
La crisi del settore produttivo edile, già avviata con l’emergenza pandemica, è ora ineluttabile. E si perde una importante opportunità di rilancio dell’economia e dell’occupazione.
Per far fronte alle certe difficoltà, una delle novità del decreto aiuti starebbe nell’ampliamento delle possibilità di cedere il diritto al rimborso, riconoscendo la possibilità di una cessione dei crediti anche a soggetti finora esclusi. L’intenzione è quella di consentire alle imprese di ottenere il rimborso del proprio credito, trasferendo lo stesso non solo alle banche, ma a un più ampio numero di aziende, in modo da sbloccare anche lo stallo di tanti cantieri.
Meritocrazia Italia ha in tante occasioni messo in evidenza i limiti e le criticità del meccanismo, avanzando proposte di soluzione e sollecitando a trasformare l’ingarbugliata vicenda in vera opportunità.
Oggi la soluzione di procedere alla cessione a privati convince poco, anzitutto perché contribuirebbe ad apportare ulteriori complicazioni e potrebbe favorire logiche speculative, consentendo a grandi multinazionali e soggetti economici di acquistare al miglior prezzo possibile per sé i crediti maturati dalle imprese, costrette a cederli senza controllo sui tassi applicati dai soggetti privati. Nella solita poco libera contrattazione tra soggetti con impari forza negoziale.
Il rischio che cresca la catena dei fallimenti è alto. Ed è alto anche il rischio che, se la ditta non completa i lavori, le spese di ristrutturazione ricadano direttamente sui proprietari degli immobili.
È certo che, alla base dell’ultima determinazione governativa, vi sia soprattutto l’esigenza di contrastare i fenomeni di illegalità emersi. Il 95% delle truffe si sono consumate con riferimento non al bonus 110%, ma al bonus 90%, c.d. bonus facciate, nell’ambito del quale, però, mai sono stati effettuati i dovuti controlli.
Ora non si può addossare sui cittadini e sugli imprenditori onesti il prezzo dell’incapacità di garantire trasparenza e legalità.
Stop war.
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