Boom per il Movimento a cinque stelle. Con la vittoria di Grillo si apre un nuovo scenario politico

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Elezioni 2013, i risultati dello spoglio, Parlamento diviso, boom per Grillo, Rischio stallo, difficile formare governo

Chiuse le urne, gli istant poll di Sky e Rai danno il Partito democratico verso la maggioranza in entrambi i rami del Parlamento. Ma prima le proiezioni, poi lo scrutinio stravolgono lo scenario: Pd-Sel avanti alla Camera, Pdl-Lega tiene al Senato e si aggiudica il voto nelle regioni che contano, mentre il Movimento 5 Stelle irrompe: 24,% al Senato, 26% alla Camera dove è primo partito. Rischio ingovernabilità.

Si ragionerà molto se l’ingovernabilità del prossimo parlamento sia da attribuire alla debacle di Pier Luigi Bersani, al fallimento di Mario Monti, alla disastrosa legge elettorale o al dilagante successo di Beppe Grillo. È però indubbio che l’onda dello tsunami tour si sia abbattuta con inusitata violenza sulle urne ed abbia lasciato un segno indelebile di un nuovo rinnovamento nella politica italiana.

Il Movimento 5 stelle, a scrutinio ancora in corso, è il primo partito alla Camera e il secondo al Senato, grazie a percentuali che non erano state contabilizzate neanche dal più roseo dei sondaggi che sono circolati nelle ultime due settimane. Alla fine i grillini arriveranno sopra al 26% a Montecitorio e poco sotto il 24% a Palazzo Madama, portando in Parlamento ben più dei 90 onorevoli messi in preventivo.

Grillo, che ha parlato alle 21.30 rigorosamente dal web, sa di essere determinante per le sorti del futuro Parlamento, ma è stato categorico: “Non faremo inciuci, useremo parole diverse, saremo 110 dentro e qualche milioni fuori”. Il comico sa che la chiusura a qualunque tipo di intesa renderà la vita della prossima legislatura assai fragile, e lo ha detto apertamente: “È un crimine contro la galassia aver riconsegnato il paese a Berlusconi, anche se solamente per sei mesi. Queste erano le prove generali: Berlusconi e Bersani sono finiti, e lo sanno”.

Al comitato elettorale allestito a Roma la cautela è stata grande di fronte ai primi istant poll, che confermavano i numeri diffusi dai sondaggisti nelle settimane prima del voto, poco al di sotto del 20%. Ma all’arrivo delle prime proiezioni che segnalavano il movimento avviarsi di gran carriera verso quota 25%, l’iniziale incredulità si è trasformata in scene di giubilo. All’apprendere le notizie che inizialmente attribuivano al M5S il premio di maggioranza in Abruzzo, o agli impressionanti i numeri della Sicilia, dove le truppe grilline si sono confermate primo partito, superando da sole di tre punti, il 29% a fronte del 26%, l’intera coalizione berlusconiana, i candidati di grilli si sono lasciati andare a ragionamenti più politici.

Siamo disponibili a parlare con tutti sul piano delle idee – Ha spiegato Alessandro Di Battista, futuro onorevole – ma non trattiamo per entrare in nessun governo”. Stessa opinione per la Roberta Lombardi, che siederà accanto a Di Battista sugli scranni di Montecitorio: “Siamo favorevoli a discutere di alcuni punti, a partire dalla legge contro la corruzione per arrivare a quella sul conflitto di interessi. Ma alleanze non ne facciamo con nessuno”.

Tra i futuri parlamentari circola con insistenza l’idea che di legge elettorale si dovrà pur parlare, nonostante Grillo abbia ripetuto che loro “saranno il vero ostacolo” alle manovre dei partiti. Quando si è iniziato a capire che la sparuta pattuglia di Monti non sarebbe stata sufficiente per formare una maggioranza omogenea al Senato, tra le sale dell’Hotel St John, a due passi da piazza San Giovanni, si è iniziato a discutere apertamente di possibile fine anticipata della legislatura. E, in caso di respiro breve per il prossimo Parlamento, i grillini saranno cruciali nelle due partite fondamentali: il Quirinale e la riforma della legge elettorale.

Mentre la tendenza isolazionista trova conferma sulla prima questione – “Noi porteremo un nostro candidato, gli altri facciano quello che vogliono” – le intese a geometrie variabili teorizzate dai leader del movimento potrebbero giocare un ruolo fondamentale nella modifica del Porcellum. Quale sia l’orientamento grillino sul tema, è presto per dirlo. “Dobbiamo consultare i nostri forum – spiega Di Battista – perché il nostro è veramente un movimento di democrazia dal basso”.

Ma per oggi le aule del Palazzo sono lontane. C’è da festeggiare un risultato storico: 25,4% in Piemonte, 24,5% in Veneto, 30,3% (primo partito) nella Liguria del leader, 30,3% nelle Marche, 25,6% nel Lazio, 22,8% in Basilicata, 28,2% in Sardegna. Ad un’incollatura dalle due coalizioni principali. Dopotutto Grillo l’ha detto che la volta buona per entrare a Palazzo Chigi sarebbe stata la prossima, no?

Al Senato Bersani avanti, ma il Pdl ha più seggi

La coalizione guidata da Pier Luigi Bersani è in testa con il 31,68% delle preferenze. Non abbastanza per aver la maggioranza a Palazzo Madama. L’asse Pdl-Lega Nord insegue la sinistra incassando il 30,58% delle preferenze. Grazie agli ottimi risultati incassati nelle Regioni chiave, il Cavaliere porterebbe a casa 114 seggi contro 113 che andrebbero alla coalizione Pd-Sel. I Cinque Stelle, incassando oltre il 23,77%, otterrebbe 57 seggi. Le liste che sostengono Mario Monti ottengono il 9,15% delle preferenze permettendo loro di occupare 18 seggi. Rimangono a bocca asciutta Antonio Ingroia (1,79%) e Oscar Giannino (0,9%).

Alla Camera è in vantaggio il centrosinistra

Anche alla Camera è in testa il centrosinistra dove ottiene il 29,74% delle preferenze. Il centrodestra guidato dal Cavaliere insegue la sinistra incassando il 28,94% delle preferenze. I Cinque Stelle sono il secondo partito con 25,48% delle preferenze. Le liste che sostengono Mario Monti ottengono il 10,54% delle preferenze. Flop per Antonio Ingroia (2,22%) e Oscar Giannino (1,15%). Così stando le percentuali, il centrosinistra otterrebbe 340 seggi, il centrodestra 121, i grillini 111 e il centrino del Professore 45.

(Fonti Repubblica, Fatto quotidiano, Huffington Post e Giornale.it)