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Boom di visite per l’Acquedotto Carolino

Altri riscontri positivi provengono dal patrimonio culturale lasciatoci dalla civiltà borbonica e duosiciliana del Settecento. Nell’ultimo fine settimana non solo conferme sono provenute dall’Acquedotto Carolino (patrimonio UNESCO), detto anche del Vanvitelli, durante le Giornate Europee del Patrimonio, ma, persino, un vero e proprio boom di visite.

L’Acquedotto Carolino fu un’opera pubblica complessa, nata per approvvigionare di acqua le nuove tecnologie di irrigazione agraria, gli esperimenti sociali della Reggia di Carditello, del Complesso di San Leucio, le realtà manifatturiere e industriali dell’indotto e le Reali Delizie del Parco, del Giardino inglese e del Bosco di San Silvestro, della Reggia di Caserta; esso sintetizza la funzionalità di un acquedotto, di un ponte ( I Ponti della Valle) e di una sorta di “Centrale idro-meccanica“. La massa idrica veniva prelevata dalle Sorgenti del Fizzo, alle pendici del Monte Taburno, intorno alla località di Airola, cittadina in Provincia di Benevento. La maggior parte del complesso è sotterraneo (38 km) e vanta un complesso sistema di condutture in ferro, matematicamente livellate alla maniera romana.

La commessa parti nel 1753 durante il Regno di Carlo di Borbone e affidata all’architetto e ingegnere Luigi Vanvitelli. Le condutture furono prodotte con la limonite delle Miniere di Pazzano e Bivongi e forgiate dalle calabresi Regie ferriere di Stilo, costruite a sua volta dal Vanvitelli per l’occasione lungo il fiume Assi (Guardavalle). L’acquedotto fu inaugurato il 7 maggio 1762, ma i lavori terminarono solo nel 1770 con un costo complessivo di 622.424 ducati.

L’Acquedotto Carolino si innalza secondo tre livelli di archi in tufo poggianti su 44 pilastri a pianta quadrata lungo una direttrice di 529 metri e una perpendicolare di altezza di circa 56 metri che, attraversando la Valle di Maddaloni, collega il Monte Longano con il Monte Garzano.

La conduttura principale possedeva una larghezza di 1,2 metri e un’altezza di 1,3. Questo era scaglionato da 67 torrini (ovvero gli sfiatatoi e accessi di ispezione) e con tutti i materiali e la tecnologia ha rappresentato per anni il ponte ottocentesco più grande d’Europa.

 

 

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Redazione Desk

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