Dopo una riforma della scuola molto criticata, il 19 febbraio il Presidente del Consiglio Renzi in un discorso al Politecnico di Torino, aveva cominciato a parlare di “Buona Università” facendo intendere che nel nostro Paese esistessero atenei di qualità e atenei di seconda scelta.
“Buona Università”: il decreto legge
Il decreto di legge che si pensava arrivasse in autunno è stato anticipato a quest’estate e oggi ci si trova a parlare l’emendamento 13.38 articolo 13 della riforma della Pubblica amministrazione presentato dal deputato Pd Marco Meloni. Sarà abolito il valore della laurea in sé e in particolare in sede di accesso ai concorsi pubblici e tra i valori da valutare ci sarà l’ateneo di provenienza. Ciò significa che a parità di risultato e di voto di laurea si preferirà un candidato laureato a Padova, prima università nella classifica del Anvur, che a Napoli.
Naturalmente questa riforma ha creato nervosismi e rettori, studenti e sindacati sono scesi in piazza per protestare poiché, questa “Buona Università”, premia solo alcune facoltà e aggrava la disparità tra Nord e Sud visto che la classifica della università al top non contiene neppure un ateneo al di sotto di Roma e naturalmente crea disuguaglianza tra gli studenti.
“Buona Università”: le università di serie A e serie B
Per chiarire meglio le idee sulle università di serie A e serie B, vediamo la classifica degli atenei considerati al top, al primo posto Padova, Trento, Milano, Verona, Bologna, Bolzano, Pisa e Torino, e siamo solo all’ottavo posto, la classifica continua così fino al ventesimo posto che vede Roma Luiss, unica facoltà più a Sud. (Fonte VesuvioLive)