Suo marito imprenditore nel settore della gestione dei rifiuti prima, e i suoi figli dopo, sono stati vittime del racket dei clan di camorra.
Malgrado i suoi 80 anni non è voluta venir meno allo spirito combattivo che ha animato il marito deceduto, e proprio per questo motivo, dopo reiterate vessazioni subìte dal clan che l’avrebbe costretta anche a cedere – per 110mila euro mai ricevuti – addirittura la cappella gentilizia al cimitero, si costituirà parte civile a un processo contro la camorra in corso a Napoli. A rendere nota la vicenda è Il Mattino.
Suo marito imprenditore nel settore della gestione dei rifiuti prima, e i suoi figli dopo, sono stati vittime del racket. Uno dei suoi “ragazzi” dopo avere denunciato le richieste estorsive, è costretto a vivere in una località segreta per sfuggire alle possibili ritorsioni del clan Contini contro il quale si è schierato, con le sue dichiarazioni, durante un processo terminato due anni fa con dure condanne.
Ad affiancarlo allora fu l’associazione antiracket “SOS Impresa” e l’avvocato Alessandro Motta. Anche l’anziana madre, dopo un vissuto così sofferto, si è voluta avvalere di quell’assistenza e non è voluta mancare – costituendosi parte civile – al processo che vede imputati i suoi taglieggiatori (la cui prossima udienza è fissata per il 16 marzo).
“Essere aiutati da un’associazione antiracket e antiusura come ‘SOS Impresa’ – dice l’avvocato Alessandro Motta – non solo consente di ottenere un aiuto dal punto di vista legale con il supporto di un avvocato, ma offre anche la possibilità di interfacciarsi con lo Stato per accedere ali fondi destinati alle vittime del racket e dell’usura”.