Le mani della camorra nel business degli abiti usati nell’inchiesta de L’Espresso

Il business degli abiti usati ha sostituito quello della "munnezza". Ecco i dettagli dell'inchiesta dell'Espresso che ripercorre le indagini degli inquirenti

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business degli abiti usati

Il nuovo business della camorra è negli abiti usati. Lo rivela un’inchiesta dell’Espresso che ha ripercorso il lavoro investigativo della Squadra Mobile di Roma guidata da Renato Cortese e coordinata dalla procura antimafia di Roma, che ha portato in manette 14 persone con l’accusa di traffico illecito di rifiuti e associazione per delinquere.

Business degli abiti usati: il nuovo affare della camorra

A capo del giro d’affari ci sarebbe il boss della camorra Pietro Cozzolino, capo del clan di Portici-Ercolano, insieme a Danilo Sorgente, titolare di New Orizon, una delle due cooperativa monopoliste nel settore del recupero degli abiti usati a Roma. Gli inquirenti hanno portato alla luce una vera e propria “rete” che permetteva alle aziende in odore di camorra di aggiudicarsi gli appalti per il servizio di raccolta della frazione tessile differenziata nei comuni delle Regioni Lazio, Campania e Abruzzo, attraverso legami politici con sindaci, assessori e consiglieri comunali. Legami che sono ancora tutti da chiarire.

Business degli abiti usati: il meccanismo è lo stesso dello smaltimento rifiuti

Le aziende affiliate con la camorra ritiravano, grazie agli appalti, gli abiti usati, e li re-immettevano sul mercato, senza rispettare le procedure previste per legge di disinfezione e pulizia, falsificando i documenti di trasporto e i certificati di igienizzazione. Nord Africa e Europa dell’Est: questi i luoghi di destinazione in cui venivano spediti, dai porti di Salerno e Civitavecchia, gli abiti usati, venduti poi al prezzo di 35/38 centesimi al chilo, che moltiplicato per 12mila tonnellate di abiti usati, fa ogni anno una cifra ragguardevole. Un vero e proprio business.

Il meccanismo di falsificazione delle bolle di spedizione è lo stesso che ha permesso, negli anni passati, lo smistamento dei rifiuti tossici e provocato l’avvelenamento della Terra dei Fuochi. Insomma, niente di nuovo per le associazioni camorristiche, che hanno velocemente “trasferito” i loro affari in un nuovo settore: dal riciclo della “munnezza” a quello degli abiti usati. Ma non finisce qui: secondo gli inquirenti, a rendere “operativo” questo sistema, ovvero a permettere alla camorra di mettere le mani sul business dei vestiti usati, grazie ai suoi contatti istituzionali, ci sarebbe Salvatore Buzzi, braccio destro di Massimo Carminati, entrambi coinvolti nell’inchiesta di Mafia Capitale. Per approfondire questo legame vi rimandiamo all’articolo de L’Espresso.