Incredibile come perfino la Camorra si secolarizzi e svolga le sue attività rimanendo scevra da qualsiasi retaggio religioso e moralista. Perseguendo l’interesse del nudo profitto e della valorizzazione dei capitali criminali i Belforte di Marcianise chiedevano il pizzo persino alla Conferenza Episcopale Italiana e alla comunità di fedeli che contribuivano ai lavori di costruzione della chiesa della comunità.
Contro questo episodio e altri la Squadra mobile di Caserta, coordinata dalla Procura antimafia di Napoli, ha confezionato un blitz nei confronti di 34 affiliati del clan Belforte di Marcianise per reati come associazione di stampo mafioso, estorsione, detenzione illegale e traffico d’armi, detenzione e spaccio di stupefacenti. Il caso eclatante della chiesa coinvolta, correntemente al centro di un investimento di 2 milioni di euro, è solo un esempio tra le decine di casi di pizzo, di estorsioni ai danni di imprenditori, commercianti e tutte le realtà economiche interne al comprensorio di S. Maria a Vico, Cervino e Maddaloni, regioni in cui il clan Belforte di Marcianise è egemone.
I Belforte, in base al rapporto della Direzione Investigativa Antimafia, con a capo i due fratelli omonimi, sono da sempre legati al cartello dei Casalesi con una sorta di accordo di non belligeranza. I Belforte di Marcianise, dopo i successi bellici ai danni del clan La Torre, con alcuni affiliati si sono rafforzati intorno il sodalizio Fragnoli – Gagliardi – Boccolato, a sua volta legato al clan dei Bidognetti. I Belforte sono un clan abituato, intelligentemente, a utilizzare le clientele politiche e gli amministratori più che fare affidamento sugli spargimenti di sangue. Molte indagini del 2013 hanno rivelato una capillare penetrazione mafiosa nelle cittadine del domiziano, tra questi si ricordano infatti i commissariamenti di Casapenna, Castel Volturno, Casal di Principe, San Cipriano di Aversa.
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