Camorra, il “regalo” del boss: un neonato per l’uomo del clan

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Un boss di camorra avrebbe “regalato” un figlio a un affiliato, affittando l’utero di una donna dell’est.

Che la camorra cerchi di imporre il proprio controllo sul territorio anche elargendo denaro o promettendo posti di lavoro e’ cosa nota. Ma e’ la prima volta in cui agli atti di una inchiesta finisce un boss accusato di falso e alterazione di stato civile, per aver messo in piedi – sostiene la Dda – una operazione di compravendita di un neonato da una giovane donna dell’est a favore di una coppia, vicina alla cosca, che non poteva avere figli. Il capoclan dunque avrebbe ‘regalato’ il neonato al proprio affiliato, versandogli i 10mila euro chiesti dall’immigrata disposta a cedere il frutto di una sua gravidanza. La vicenda, raccontata dal quotidiano “Il Mattino”, emerge da una delle inchieste della Dda di Napoli sulle cosche della zona orientale della citta’. Il boss e’ accusato di falso e alterazione di stato civile, aggravati dal fine mafioso. Avrebbe agito, scrive il gip, per “fornire la dimostrazione sul territorio della forza della propria organizzazione, tanto da mostrarsi in grado di procurare un figlio a uno dei suoi affiliati”.

I fatti

La donna contattata per la compravendita ha attualmente fatto perdere le tracce, probabilmente e’ tornata all’estero quando ha capito che la giustizia si metteva in moto. Non e’ escluso che in passato abbia avuto altre gravidanze concluse con la vendita di neonati. La vicenda, infatti, e’ indice – scrive ancora il gip – “dell’esistenza di un contesto criminale organizzato, avente a oggetto un traffico illegale di bambini che, trovando avallo nelle dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia e da altre fonti investigative, appare suscettibile di un approfondimento investigativo”. Insomma, la procura partenopea e’ ancora al lavoro e non si escludono ulteriori sviluppi.

Intanto il boss si difende, sostenendo di aver prestato i 10mila euro al suo amico ma senza avere alcun sentore di come sarebbero stati spesi. Lui e gli altri imputati hanno scelto il giudizio con rito abbreviato. Una cosa e’ certa: il piccolo non e’ figlio dei genitori che lo hanno registrato all’anagrafe, lo hanno dimostrato i test di compatibilita’ genetica disposti dalla procura. Ma a confermare la ricostruzione della compravendita, oltre ad alcuni collaboratori di giustizia, sarebbero anche delle intercettazioni, ambientali e telefoniche. In attesa della sentenza, l’ennesimo campanello d’allarme su come la camorra invada – o tenti di farlo – anche gli aspetti piu’ inattesi della vita sociale in alcuni quartieri.