A partire dal 2020 gli sciami simici ai Campi Flegrei sono in aumento, ma l’energia che rilasciano risulta invariata; dal 2022 si osserva inoltre un ampliamento delle zone di frattura verso Sud e Ovest: è questo il quadro che emerge dai dati pubblicati dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia sulla rivista Physics of the Earth and Planetary Interiors.
Si conferma così la fase di instabilità del vulcano legata alla crisi di bradisismo iniziata nel 2005 e ancora in corso. I dati sono stati acquisiti nel periodo compreso fra il primo gennaio 2000 e il 31 dicembre 2023 e hanno permesso di ricostruire le variazioni dei parametri sismici nello spazio e nel tempo. E’ emerso così che ai Campi Flegreti i terremoti avvengono in sciami, ognuno dei quali dura in media un giorno.
“A partire dal 2010 abbiamo osservato un incremento del numero di sciami e di eventi all’interno di ciascuno di essi, suggerendo un’evoluzione dell’attività sismica della caldera. Tuttavia, non abbiamo rilevato un aumento significativo del momento sismico totale, ovvero dell’energia rilasciata, all’interno di ciascuno sciame nel tempo”, rileva il primo autore dell’articolo Edoardo Del Pezzo, associato di ricerca dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv.
Francesca Bianco, direttrice del dipartimento Vulcani dell’Ingv e coautrice dello studio, osserva che “da ottobre 2022 a dicembre 2023 si è rilevato un ampliamento delle zone di frattura nella parte occidentale della caldera, a una profondità di circa 3.000 metri sotto il livello del mare” e che “questa zona di maggiore fratturazione coincide con aree caratterizzate da forti contrasti di attenuazione sismica, suggerendo un’intensa attività di deformazione delle rocce”. I dati sulla densità dei terremoti nello spazio e quelli sulla loro distribuzione nel tempo confermano, rileva Bianco, che “la fase di instabilità dei Campi Flegrei è ancora in corso, con un progressivo ampliamento delle zone di frattura verso Sud e Ovest rispetto a misurazioni effettuate 22 mesi prima, da dicembre 2020 a ottobre 2022”.
I nuovi dati, rileva l’Ingv in una nota, indicano “l’utilità del monitoraggio in continuo del parametro della densità spaziale dell’energia sismica, insieme alla classica distribuzione spaziale degli ipocentri”. Quest’ultima, è particolarmente importante perché quando si manifestano eventi numerosi ma di piccole dimensioni non è semplice avere una visione immediata della reale energia in gioco, che è invece “un parametro cruciale – osserva l’Ingv – per comprendere l’evoluzione della crisi bradisismica in atto e per contribuire a definire eventuali scenari evolutivi del fenomeno vulcanico”.