Il 1 agosto 2024, attraverso il DDL sicurezza, è stato fatto divieto di vendita e uso di cannabis light a base di Cbd. Tutto potrebbe apparire come un provvedimento giusto, legittimo, contro l’uso di sostanze stupefacenti da parte dei giovani (e non solo). Già, potrebbe. In realtà non tutti sanno che la cannabis light a base di Cbd non è affatto una sostanza stupefacente, non ha alcun effetto psicoattivo ma anzi ha effetti benefici sulla salute. Il Cbd infatti, a differenza del Thc, non solo non è psicoattivo e non crea scompensi, ma ha una serie di effetti benefici: è rilassante, antiossidante, antifiammatorio, favorisce il sonno e produce un effetto calmante su ansia e panico. Un provvedimento che quindi lascia un po’ tutti sbigottiti, e che tra l’altro fa automaticamente vacillare verso il baratro ben 15 mila persone che lavorano nel settore per un’industria che nel nostro BelPaese produce un fatturato di circa 500 milioni di euro annui. Varie Associazioni nazionali del settore stanno già provvedendo a muoversi, rivolgendosi alla Commissione Europea di Bruxelles, visti i parecchi punti oscuri del provvedimento. “La stretta sulla cannabis light equiparata a quella non light mette a rischio la sopravvivenza di un intero comparto impegnato in una coltivazione dove sono stati fatti investimenti significativi” commenta Coldiretti. “Una grave sconfitta per la libera impresa in Italia. E’ stato così bloccato un settore in forte crescita, trainato soprattutto dai giovani agricoltori” commenta poi il presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini. Secondo il governo, le modifiche alla legge del 2016 sono necessarie per evitare che “chi assume i prodotti costituiti da infiorescenze di canapa (Cannabis sativa L.) metta a rischio la sicurezza o l’incolumità pubblica oppure la sicurezza stradale”. La battaglia tra le parti comincia a scaldare i motori, in attesa che il DDL passi alla Camera subito dopo la pausa estiva. Nel frattempo però c’è da chiedersi perchè, qual’è il motivo di così tanto accanimento nei confronti di un settore che è assolutamente innocuo per la salute e tra l’altro genera un enorme fatturato, oltre ai tantissimi posti di lavoro in Italia (aspetto da tenere fortemente in considerazione, vista l’enorme disoccupazione e povertà in cui versa il nostro Paese). C’è poi da osservare attentamente un dettaglio che a quanto pare sembra sia sfuggito a chi di dovere (involontariamente, speriamo), a colui che ha portato avanti il testo di questo DDL sicurezza: in Italia si vieta la cannabis con Cbd, che non ha effetti psicoattivi, ma si promuovono i devastanti alcolici e superalcolici, come ha anche fatto osservare Giovanni Panunzio, coordinato nazionale di Osservatorio Antiplagio. Sembra quasi che sia stata portata avanti una sorta di “ripicca” da parte di persone che per ragioni personali intendono eliminare un settore, servendosi poi di apposite “strategie marketing”, una vera e propria caccia alle streghe, ignorando che il male alle volte non è ciò che ha solo una fama di cattivo, ma spesso è ciò che abbiamo sotto i nostri stessi occhi, sostanze che vengono regolarmente vendute anche al supermercato oltre che in appositi locali, e assunte in maniera spesso spropositata dai giovanissimi. Perchè un settore è il demone e l’altro no? Com’è mai possibile che il settore degli alcolici e superalcolici venga addirittura pubblicizzato oltre ogni misura con appositi spot televisivi senza che nessuno dica nulla? Il dubbio è atroce: forse perché sul commercio dei superalcolici (ad esempio i liquori) c’è il monopolio di Stato e quindi la loro vendita porta soldi nelle casse, mentre la vendita di cannabis light è libera? L’alcol è però una droga a tutti gli effetti e causa notevoli danni all’organismo, ma il problema a quanto pare viene sottovalutato, il “male” è solo ciò che si vuole vedere, eppure gli effetti dell’alcol si producono con estrema rapidità proprio perchè viene assorbito nel sangue molto velocemente! Ricordiamo poi che i tempi sono cambiati, oggi i giovani non vogliono divertirsi solo con una chiacchiera tra amici e un aperitivo, ma vogliono sballarsi, dimostrare di essere più bravi degli altri a reggere valanghe di cicchetti, e magari consumati tra i locali che, noncuranti delle severe leggi contro l’alcolismo giovanile, vendono anche a minorenni litri di alcol. Su questo punto si potrebbe parlare per ore, ma basta ribadire che la vendita di alcolici ai minori è un reato, disciplinato dall’articolo 689 del Codice Penale: nel caso di vendita ai minori di 16 anni è previsto l’arresto fino a un anno e per la vendita ai minori di età compresa fra i 16 e i 18 anni, è prevista una sanzione pecuniaria che va dai 250 euro ai 1.000 euro. Non sarebbe ad esempio il caso di gettare un occhio in più su questo settore, se davvero ci si tiene alla salute dei giovani italiani? Eppure, ricordiamo al legislatore, l’alcol ha effetti devastanti verso il prossimo (guidare ad esempio in stato di ebbrezza può provocare incidenti stradali) e verso se stessi (come la dipendenza, oltre alla certezza che l’etanolo, assunto in grandi dosi, è cancerogeno). A questo punto, per par condicio, il business non dovrebbe mai prevalere sul bene comune! O sbaglio?
Houston, abbiamo un problema!
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