La villetta, sequestrata subito dopo la cattura di Zagaria e acquisita al patrimonio comunale, verrà ora abbattuta, e il bunker tombato, per consentire la costruzione di un parco pubblico.
Era l’alba del 7 dicembre 2011 quando gli investigatori della squadra mobile di Napoli e Caserta fecero irruzione nella villetta della famiglia di Vincenzo Inquieto (condannato poi con la moglie Rosaria Massa per favoreggiamento), in via Mascagni a Casapesenna, in provincia di Caserta. Fu lì che, dopo ore di ricerche e picconate, sfondando varie pareti, si arrese e fu catturato il boss dei Casalesi, Michele Zagaria, una latitanza durata per oltre un decennio. “Basta non sfondate, sono qui. Mi arrendo” furono le prime parole di Zagaria, timoroso di morire soffocato dopo che gli agenti avevano staccato la corrente disabilitando, di conseguenza, l’impianto di areazione che serviva il bunker.
Il capo dei Casalesi, che controllava il suo impero comunicando anche attraverso una serie di ‘citofoni’ la cui rete si estendeva per una larga parte della cittadina, e che controllava la zona attraverso un sofisticato sistema di videosorveglianza che aveva il ‘cuore’ in una mansarda della villetta, poteva accedere al resto della casa attraverso una scala che collegava il bunker sotterraneo con una piccola stanza dove era stato sistemato un congegno elettrico che permetteva di spostare il pavimento consentendo l’apertura di una botola.
La villetta, sequestrata subito dopo la cattura di Zagaria e acquisita al patrimonio comunale, verrà ora abbattuta, e il bunker tombato, per consentire la costruzione di un parco pubblico. Il progetto, frutto di un’intesa tra il Ministero dell’Interno e la Regione Campania, che ha finanziato l’intervento, verrà portato a esecuzione da unita’ specialistiche del corpo nazionale dei Vigili del fuoco, supportate dalla società in house Sma Campania. L’avvio della demolizione, alla presenza del ministro Matteo Piantedosi e del presidente della Regione, Vincenzo De Luca.
Resta irrisolto il mistero della pen drive a forma di cuore, che sarebbe stata rinvenuta proprio nel bunker all’atto dell’arresto e che non è mai comparsa nei verbali di sequestro, gettando un ombra sulla cattura del boss. Ombra amplificata anche da un black out di una trentina di minuti nel filmato girato dai poliziotti che entrarono nel bunker. C’e’ infatti uno strano intervallo tra il filmato della discesa nel bunker e quello successivo, in cui si vede il proprietario del covo che prepara le valige e un poliziotto che passa gli indumenti a Zagaria mentre è in bagno. Per quella vicenda, un poliziotto è sotto processo.