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“Chi me l’ha fatto fare. Storia di una donna qualunque”, la violenza psicologica raccontata in un romanzo

Il maltrattamento psicologico è quel qualcosa in grado di distruggere completamente una persona. Un silenzio, uno sguardo freddo o un’occhiata di disprezzo possono fare molto male”.

Una riflessione di María José Rodríguez de Armenta che mi ha molto colpito e su cui voglio porre l’accento.

Poco tempo fa, il 29 aprile per intenderci, ho avuto modo di poter presentare c/o la Mondadori bookstore di Giugliano ( Na ) un libro molto profondo, “Chi me l’ha fatto fare. Storia di una donna qualunque” dell’autrice Sonia Lippi. L’intervista che mi ha concesso in quella serata è stata una piacevole chiacchierata di approfondimento.Il focus di questo libro è la violenza di genere, in una delle sue sfaccettature più nascosta ma che provoca sempre più dolore, la violenza psicologica! Eh sì, perché la violenza spesso si associa nella nostra mente alla violenza fisica, ma non sempre è così … Ragioniamo: uno schiaffo lascia dei segni, dei lividi, una costante pressione no. In pochi sanno cosa può significare essere violentati emotivamente, lentamente. In pratica parliamo di un problema subdolo e difficile da riconoscere poiché silenzioso.

Già, ma cos’è nell’effettivo la violenza psicologica?

La violenza psicologica è qualcosa che mina la tua autostima in maniera costante. A un certo punto sei tu stessa che ti convinci di non valere nulla, di essere un’incapace o di essere peggiore di qualsiasi persona sulla terra. La violenza psicologica ti fa sentire inadeguata, sbagliata, e in alcuni casi può portare a gesti estremi. La violenza psicologica è subdola ed è difficile riconoscerla e quindi è difficile uscirne.

Il problema di fondo è che a conti fatti la donna vittima di violenza psicologica ha difficoltà enormi nell’esprimere il suo disagio, potrebbe non essere creduta visto che non ha segni fisici evidenti sul suo corpo come prove di violenza ( strano vero?

Siamo arrivati al punto di diventare una sorta di S.Tommaso, dobbiamo avere le prove per credere ) … Ed è proprio questo unodei maggiori problemi: Verba volant come dicevano gli antichi, una parola, anche se tagliente, non è prova evidente di violenza, una battuta, una derisione magari in comitiva, possono essere anche interpretate come qualcosa di goliardico, giusto per ridere! E così la vittima resta sola, sola con il dolore, con la paura, con l’umiliazione. Mentre lui la sovrasta, si impossessa di lei, della sua mente, della sua persona. Ed una delle conseguenze per la vittima è senza dubbio l’impatto negativo sull’autostima: tende a sentirsi in colpa, come se stesse facendo costantemente qualcosa di sbagliato o, peggio ancora, come se ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato in lei per ricevere un trattamento simile. Prova vergogna, si sente in difetto, come se fosse qualcosa che le spetta.

Ecco, Quali sono i tipi di violenza psicologica più diffusi?

Beh la violenza fisica la conosciamo tutti, ma c’è un tipo di violenza più subdola, che danneggia la persona a un livello diverso, più profondo, sto parlando appunto della violenza psicologica.

C’è un identikit di uomo tipo che danneggia una donna con la violenza psicologica?

No, non c’è un identikit, qualsiasi persona può fare violenza psicologica e non accorgersene. In fondo se ci pensi, tutti abbiamo subito nella nostra vita, una sorta di violenza psicologica. Ti hanno mai detto più volte di non essere capace a fare qualcosa? O di essere un incapace? Ti hanno mai dato dello stupido o ti hanno mai preso in giro? Bene, se pensi a chi ti ha detto queste cose, c’è sicuramente dentro anche qualche tuo familiare. Quando queste affermazioni sono reiterate nel tempo e sono fatte per screditare e rendere insicuro l’altro, quella è violenza psicologica. Come certo puoi intuire, chiunque può farla, forse l’hai fatta anche tu a qualcuno e non te ne sei accorto. Ovviamente nel mio libro si parla di una violenza psicologica portata agli estremi.

Come nasce l’idea di questo libro?

L’idea di questo libro nasce anni fa, dopo aver elaborato una violenza che ho subito da parte di un mio ex. Dopo qualche anno dall’evento mi sono chiesta: “come posso trasformare questo trauma in qualcosa di positivo per tutti?” E così è nata l’idea del libro, ovvero quella di raccontare una storia che potrebbe essere la storia di ogni donna, e tramite questo romanzo, mettere in guardia le donne dai quei sottili segnali che preannunciano un episodio di violenza, fisica o psicologica.

Il libro è un vero romanzo, ma, contrariamente a tanti di questo genere, è scritto non in terza ma in prima persona … come mai quest’idea?

Avevo bisogno che il lettore si immedesimasse nella protagonista per poter capire tutte le sue emozioni e tutti i meccanismi psicologici ai quali è sottoposta. E poi è stato un modo, anche per me, per poter descrivere meglio l’interiorità del mio personaggio, i suoi pensieri, le sfumature delle sue emozioni. Scrivere in prima persona non è stato facile, perché mentre scrivevo vivevo talmente in maniera forte l’episodio che stavo creando che soffrivo e gioivo con la mia protagonista.

Fin da quando ho saputo di questo tuo libro e della sua uscita, mi ha colpito il “storia di una donna qualunque” … già, perché qualunque donna può anche inconsapevolmente essere vittima di violenza psicologica! La nostra società, e non solo quella italiana, non è poi così matura sotto il profilo dell’emancipazione. Siamo la società dell’evoluzione tecnologica ma non quella mentale. L’uomo spesso si sente “superiore”, è come tale si sente in diritto di schiavizzare la donna … La donna DEVE conservare ancora dei ruoli imposti da una grettezza immensa! In questo, dietro la facciata di “perbenismo borghese” si nasconde spesso e volentieri la violenza verso la donna, fisica e/o psicologica! Ed in questo il sottotitolo del tuo libro ce ne dà un esempio, potrebbe capitare a qualunque donna …

Ma perché secondo te? Perché non si riescono a superare dei limiti così evidenti?

Questa è una secolare domanda alla quale possiamo dare mille risposte. Che dirti? Le religioni monoteiste hanno cancellato l’aspetto del sacro femminino, hanno scritto nei loro libri “sacri” che la donna deve badare alla famiglia, che non può insegnare, che deve stare in silenzio, che è sottoposta all’uomo. Più di duemila anni di questo insegnamento, tramandato anche e soprattutto da donna a donna, è ovvio che la nostra società stenta a riconoscere un ruolo diverso alle donne. Se poi ci metti che Mass Media, Cinema, Tv e persino i social, mercificano da anni il corpo femminile e avvalorano determinati stereotipi, il gioco è fatto. In questo hanno una parte attiva anche le donne, che crescono figli maschi non indipendenti, o che pensano di acquistare valore solo se hanno labbra o seno rifatti. Insomma, c’è tanto materiale su cui riflettere per agire.

Senza spoilerare più di tanto, nel tuo libro oltre alla protagonista e ad altre donne, ci sono anche degli uomini, non tutti “negativi”: qual’è il messaggio che hai voluto dare?

Per fortuna non tutti gli uomini sono violenti, anzi la maggioranza sono brave persone. Il messaggio è proprio questo. Quando una donna subisce violenza è portata ad accomunare tutti gli uomini a colui che le ha fatto del male, ma non è così. Bisogna stare attente certo, ma bisogna anche essere consapevoli che ci sono uomini evoluti e pronti ad aiutarci, in tutti i sensi. E nel mio libro volevo proprio sottolineare questo, non volevo demonizzare il sesso maschile, ma volevo dare il giusto risalto sulla divisione fra bene e male. Ci sono due uomini molto negativi è vero, ma ce ne sono quattro molto positivi, e come vedi, il bene è sempre maggiore del male.

La protagonista del tuo libro trova sostegno in una donna che incontra così, per caso, di notte, Lola … Ecco, chi è Lola?

Lola è una donna che ho conosciuto veramente anni fa, come la protagonista del mio libro era una ex cantante e siccome soffriva di insonnia, andava a cantare in Campidoglio alle tre di notte, non so se si chiamava Lola, ma ho preso spunto da quest’incontro per creare il mio personaggio. Nel romanzo Lola è un’anziana ex cantante che non vede la figlia da quindici anni, ha un passato particolare alle spalle e quando conosce Tania, capisce immediatamente che ha bisogno di aiuto. C’è una bella sorellanza che scatta tra questa donna ottantenne e la trentenne Tania. Non vi voglio svelare altro, dico solo che si aiuteranno a vicenda.

Io ho fatto del “GUARDARE OLTRE” il mio scopo di vita, guardare oltre l’orizzonte dei limiti umani, e dell’insolenza umana.

 

La copertina del tuo libro ritrae una donna che guarda propriooltre, una donna che ti somiglia tantissimo … Ma quella donna sei tu davvero?

Si, la donna in copertina che si vede di spalle sono io. Quando dovevamo fare la foto per ma mia copertina, mi ero immaginata una bella modella, rossa di capelli che andava in bicicletta a Roma, ma poi Simona Mililli, la fotografa, mi ha fatto notare che Tania, nel libro, è una bella ragazza con qualche chilo in più, non è troppo alta e certo non ha il portamento di una modella, quindi abbiamo scartato l’idea di usare una modella, e visto che nei paraggi non c’era nessuna con i capelli rossi e sovrappeso, mi sono prestata io. Ti devo dire che amo tantissimo la foto e la copertina del mio libro, la ritengo un vero capolavoro.

Anche tu, tempo addietro, sei stata vittima di violenza psicologica … Ti va di parlarcene? Come ne sei uscita?

Bella domanda. Il percorso non è stato facile e ci vuole tempo. Bisogna desiderare fortemente di tornare a vivere tranquilla mente come prima della violenza. Ma la cosa importante è imparare a vivere da subito non da vittima. Io mi sono resa conto che ero stata una vittima, ma che non lo ero più e non lo volevo più essere. Ho relegato il mio “essere vittima” a una sequenza temporale ben precisa e ovviamente, la mia vita, oramai, si stava svolgendo fuori da quella sequenza temporale, quindi non ero più vittima. Ecco sono partita da questa presa di coscienza per risalire la china. Io non ero più una vittima e non volevo più vivere da vittima. Tutto il resto è stata una conseguenza.

 Con questo tuo libro sei riuscita ad essere un valido aiuto per le donne vittime, in tante ti hanno scritto, ho saputo, per ringraziarti, grazie alla lettura sono riuscite a capire cose del loro rapporto che proprio non andavano … Un libro può essere un insegnamento quindi?

Ma certo che si. Un libro ti cambia la vita, sempre. Nella mia vita ci sono state delle letture che hanno proprio cambiato il mio modo di vedere le cose, e ringrazio fortemente quegli autori e quei libri. In ogni libro c’è una storia, un’esperienza, un insegnamento. Durante la nostra vita terrena non possiamo vivere tutte le esperienze, ma leggendo tanti libri, possiamo vivere tante vite. E quando vivi tante vite, inevitabilmente ti arricchisci e quella conoscenza ti porta un insegnamento che potrebbe cambiarti la vita. Quindi un libro può essere un insegnamento. Assolutamente. 

Un’ultima domanda, che di solito si fa all’inizio delle interviste ma io vado un po’ controcorrente … Abbiamo parlato del tuo libro, ma chi è Sonia Lippi?

Al di la di tutte le cose che ho fatto e che faccio, Sonia Lippi è una donna qualunque. Nel mio essere una donna qualunque, sono incuriosita da qualunque cosa, così scrivo libri, recensioni per libri, organizzo rassegna letterarie, scrivo poesie, faccio radio, collaboro con riviste on line e soprattutto sono la creatrice del blog Giterrando – il piacere di perdersi viaggiando. Ovviamente in tutto questo ho anche un lavoro e una famiglia. Come vedi sono una donna qualunque che ama fare qualunque cosa la aggradi.

Grazie Fabio per la bella intervista e a presto.

La mia intervista termina così, con un attimo di riflessione. Cerco di immedesimarmi nello stato di una donna vittima. Non è facile rialzarsi e continuare come se niente fosse successo. Ma bisogna tirare fuori la forza che non si crede più di avere, è poi essenziale circondarsi di persone che ci vogliano bene e che sappiano ridare, poco alla volta, sicurezza e stima di sé. Una volta presa coscienza della relazione tossica che si sta vivendo, è importante puntare tutto sull’amor proprio. Volersi bene è il primo passo per sfuggire alla violenza psicologica!

L’amore è amore e basta. Non si insinua nella mente per trovare i punti giusti in cui calpestare.

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Fabio Iuorio

Osservatore del sociale a 360°, amo scrivere e guardare Oltre Ho amato il ruolo di giornalista e speaker radiofonico fin da bambino, mi piace poter approfondire temi a sfondo sociale spesso ignorati dalla società moderna. Che dire, come si evince dal titolo della mia trasmissione ( Imagine - Il Mondo Che Vorrei ) … sono un eterno sognatore di un mondo come quello descritto da John Lennon in Imagine, un mondo dove non esistono discriminazioni e guerre, nulla per cui uccidere o morire.

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