La Cina dichiara guerra a Hollywood, stop ai film Disney-Marvel

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Un segnale, secondo gli osservatori, dell’argine che la Cina intende porre alla penetrazione nel proprio mercato delle major Usa

Pechino ha dichiarato guerra a Hollywood. Lo scorso anno, le autorità cinesi hanno bloccato l’uscita nelle sale di tutti i quattro film prodotti dalla Disney-Marvel. Un segnale, secondo gli osservatori, dell’argine che la Cina intende porre alla penetrazione nel proprio mercato delle major Usa. Ma, all’origine di questa scelta, non ci sarebbero le più ampie tensioni politiche e commerciali con Washington, bensì l’idea di trasformare l’industria cinematografica nazionale in un mezzo per orientare le masse e perseguire gli obiettivi politici del regime.

Quello cinese, spiega a Axios Rebecca Davis, corrispondente dalla Cina per Variety, “è un vero allontanamento dall’industria globale dell’intrattenimento“. Paul Dergarabedian, analista di Comscore, sottolinea invece che “la pandemia ha messo la Cina in una posizione migliore per controllare le uscite cinematografiche” sul proprio territorio.

Nonostante gli sforzi fatti dalla Disney per compiacere le autorità di Pechino, i suoi incassi maggiori, tutti titoli Marvel, non hanno ottenuto il nulla osta. Alla base delle decisioni, ufficialmente, ci sarebbero state le controversie relative al modo in cui venivano rappresentati alcuni personaggi, o altri problemi legati a commenti fatti dai registi o dagli attori dei film.

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Si è trattato, spiega Shawn Robbins, capo analista di Boxoffice pro, di scelte “politiche“, che hanno impedito alle pellicole Disney-Marvel l’accesso al ricco mercato cinese, sul quale avrebbero avuto un “impatto molto positivo“. Lo stop di Pechino, però, non ha riguardato solamente i film Marvel. Secondo Variety, la fetta di mercato dei film Usa in Cina si è ridotta nel complesso dal 46% del 2020 al 39% del 2021. Questo, mentre aumentava invece la quota di mercato dei film cinesi. Di tutti i film stranieri proiettati nei cinema cinesi lo scorso anno, solamente il 28% erano film di nuova realizzazione, il resto si è trattato di pellicole prodotte in precedenza.

Come spiega ad Axios Aynne Kokas, docente di comunicazione all’Università della Virginia, la leadership di Pechino ha stabilito l’obiettivo di far diventare la Cina una “forte potenza cinematografica” entro il 2035. Nel frattempo, la Cina sia nel 2020 che nel 2021 ha superato gli Usa per biglietti venduti nelle sale cinematografiche. Un risultato dovuto in gran parte a film di produzione nazionale, a fronte delle circa 34 pellicole straniere che ogni anno ottengono il via libera dalla censura cinese.

L’enorme mercato cinese consente inoltre ai film di produzione nazionale di non dovere necessariamente ambire ad un’audience globale per ottenere grandi incassi. Ai film cinesi basta avere successo sul mercato interno, spiega ancora Dergarabedian. Secondo un’analisi svolta da Axios, sui 200 maggiori incassi al botteghino in Cina dello scorso anno, 44 erano film nazionali, 80 di produzione nordamericana e 76 da altre parti del mondo. I 44 film cinesi hanno inoltre ottenuto scarsi incassi al di fuori dei confini nazionali.

Secondo la Davis, il progetto cinese di creare una forte industria cinematografica nazionale non ha solamente lo scopo di contrastare il ‘soft power’ culturale Usa, di cui Hollywood è un potente veicolo, ma serve anche a convogliare alle masse i messaggi del Partito comunista. Un esempio su tutti, il grande successo nel 2021 del film cinese ‘Battle for Lake Changjin’, uno dei maggiori incassi nella storia del cinema in Cina, vero e proprio film di propaganda bellica, che magnifica la lotta dell’esercito Cinese contro gli Usa durante la Guerra di Corea.

Un altro film di recente uscita, ‘Embrace Again’, impiega alcune delle star cinesi più popolari per diffondere la narrativa di Pechino sulla pandemia, ignorando completamente gli errori del governo nelle prime fasi della diffusione del virus a livello nazionale e globale. La pellicola è stata campione d’incassi durante le festività di fine anno.

Tuttavia, nonostante gli sforzi del regime, l’interesse del pubblico cinese per i film made in Hollywood non è diminuito, come dimostra l’imperante pirateria online. Con il diffondersi dei servizi streaming, l’industria cinematografica Usa è meno dipendente dal modello di business tradizionale, fondato sulla vendita dei biglietti al botteghino, anche se ad aziende come Netflix è impedito l’accesso al mercato cinese. Ma, sottolinea Dergarabedian, il mercato cinese “può ancora fare la differenza” in termini di successo o insuccesso per la vendita di biglietti di un film a livello globale.