Il regista sul set del suo nuovo film “E’ stata la mano di Dio”
“Ho scritto la sceneggiatura di ‘E’ stata la mano di Dio’ un paio di anni fa, mentre lavoravo a ‘The New Pope’. Questo è un film sulla mia adolescenza. L’ho scritto per i miei figli, per provare a spiegare perché sono sempre così schivo e silenzioso“. A raccontarlo in una lunga intervista a ‘La Stampa’ è il regista Paolo Sorrentino, sul set del suo nuovo film. Autobiografico? “Non ci sono riferimenti evidenti – spiega – è la storia di un ragazzo. E c’è l’unione di esperienze personali, di racconti inventati e di altri che ho sentito. E’ un film che ho scritto per conto mio, non l’ho proposto a nessuno. Per molto tempo, anzi, ho pensato di non farlo“.
Perché ha aspettato così tanto, gli viene chiesto, per tornare a lavorare a Napoli? “Dopo ‘L’uomo in più, volevo girare l’adattamento di ‘Ferito a morte’ di Raffaele La Capria. Ma era un film troppo costoso, i produttori dissero di no. Non c’è mai stata la storia giusta“. Nel film che sta girando torna a lavorare con Servillo: “Toni è come un fratello maggiore. A volte, è una figura paterna. Ha sempre provato a farmi capire l’importanza di vivere più serenamente questo lavoro. E’ sempre stato di grande aiuto nel modulare meglio il mio carattere“.
“Forse – dice ancora – quando non avrò più le forze per fare il regista, lavorerò a un altro libro. Posso fare a meno di dirigere, ma non posso fare a meno di scrivere“. “‘E’ stata la mano di Dio’, che è costruito su di me – racconta ancora – è un film sulla medietà. Mi sono sempre ritratto così, io. C’è un rimando, ma non è un film su Maradona”. Oggi le sale cinematografiche sono in crisi: “Penso che dopo questa pandemia seguirà un periodo di grande euforia – risponde il regista – e la gente vorrà stare di nuovo insieme e tornerà al cinema”.
Il suo film arriverà su Netflix: “Non ho mai avuto nessun tipo di pregiudizio verso lo streaming o la tv. Anzi: ho provato a farla per tanti anni, anche prima dell’esplosione delle serie tv. Con ‘The Young Pope’ si sono create le giuste condizioni. Le serie sono molto simili ai romanzi. Sono più democratiche, in un certo senso“.