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Ciro sono io: riflessioni sul libro “Ciro Vive”

Ieri sono stato alla presentazione del libro “Ciro Vive” organizzato dal gruppo degli Ultramici e dal Clubino. C’era Antonella Leardi la mamma di Ciro. L’attrice Rosaria De Cicco ci ha fatto commuovere e piangere con la lettura di alcuni brani del libro. È stata una serata di lacrime, sorrisi, ricordi e speranze per il futuro. La signora Antonella trasmette forza e serenità e un immenso dolore che è sempre presente così come lo è il ricordo del figlio Ciro. Ciro vive ogni giorno grazie al messaggio d’amore che la madre invia al mondo. Un messaggio che spesso rimane inascoltato e Antonella subisce minacce, insulti, calunnie – il più classico degli schemi mafiosi – per ciò che sta facendo. Non ultimo i beceri striscioni esposti all’Olimpico di Roma durante la partita Roma Napoli. Ma lei continua ad andare avanti e a dare testimonianza di ciò che è successo affinché non accada ancora. Il suo sogno è che il calcio possa cambiare.

Ma come può cambiare il calcio? Ieri si è dibattuto a lungo e un dato mi sembra assolutamente chiaro. Le regole e le leggi ci sono, ma non vengono rispettate. O almeno non per tutti. Esiste una giustizia per cittadini, città e tifosi di serie a e di serie b.

È alla luce del sole e oggettivo che la curva della Juventus non è stata punita per lancio di bombe carta sui tifosi del Torino così come non verrà squalificato dopo gli incidenti di lunedì scorso l’Olimpico spettatore di una battaglia campale con accoltellati e scontri tra frange opposte e polizia Non succederà nulla di tutto ciò. Intanto è passato oltre un anno da quel 3 maggio 2014 e stiamo aspettando giustizia. Per Ciro. C’è da parte della maggior parte dei mezzi di comunicazione e, ciò che è peggio, da parte dello stato, silenzio e omertà. Non ritorno sui fatti di Roma e l’accanimento mediatico su Genny ‘a Carogna o le allusioni al fatto che Ciro fosse di Scampia. Il silenzio è sull’assassino, sui suoi rapporti con la criminalità e con una parte della politica romana. Il silenzio  è sugli attacchi e le calunnie verso la mamma di Ciro accusata di arricchirsi con i proventi del libro che, per inciso, vengono tutti destinati all’ospedale pediatrico di Napoli Santobono e al reparto oncologico pediatrico del Gemelli di Roma. Eppure la signora Antonella va avanti ed è diventata un simbolo e un punto di riferimento.

Ciro sono io

Ciro sono io, Ciro siamo noi, Ciro è tutti i napoletani. Io sono napoletano, non mi sento italiano. Non posso sentirmi italiano se lo stato permette la morte di Ciro sparato per essere napoletano. Mettiamocelo in testa, Ciro è stato ucciso perché napoletano. Perché un delinquente insieme ad altri complici che si cerca di nascondere, il 3 maggio 2014 è uscito di casa con una pistola pronto a sparare. E ha sparato. Dove si trovava lo stato? A scuotere la testa per i fischi all’inno? A cercare un capro espiatorio per distogliere l’attenzione mediatica?

Non sono italiano se lo stato destina meno risorse alla sanità campana perché qui c’è un’aspettativa di vita più bassa.

Non sono italiano se lo stato permette l’inquinamento della nostra terra e della nostra aria e arretra davanti al potere mafioso che lui stesso genera.

Non sono italiano se per me non vengono garantiti gli stessi diritti di altri cittadini italiani e anzi vengono violati quotidianamente.

Per essere italiani dobbiamo stare tutti allo stesso livello e avere gli stessi diritti. In quanto napoletani dobbiamo lottare senza odio né rancore, ma con fermezza, per pretendere quei diritti che ci spettano.

Sono convinto che se lo facessimo nella vita di tutti i giorni, sia a livello locale che nazionale, forse non ci sarebbe questo clima d’odio che ha portato alla morte di un giovane napoletano e il suo assassino sarebbe già stato processato e marcirebbe in galera. Forse.

Marco Rossano

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Redazione Desk

Questo articolo è stato scritto dalla redazione di Road Tv Italia. La web tv libera, indipendente, fatta dalla gente e con la gente.

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