Perdere un cliente non deve essere così importante…Il mio calvario con HP inizia il 29 giugno, quando, dopo una navigazione ostile e faticosa sul sito della grande multinazionale tedesca, sono riuscito a trovare un numero di telefono da contattare per richiedere assistenza per il mio notebook guasto. Mi risponde una gentile operatrice dalla Serbia, che mi fa un’interrogazione di informatica, al termine della quale mi chiede di mandarle un video del guasto e poi, finalmente, mi concede di inviare il pc tramite corriere. Devo stampare l’etichetta, recarmi ad un centro di smistamento e inviare il plico (3 euro per imballaggio + 1 euro per essere arrivato dopo le 12) a Budapest (?). Dopo oltre una settimana di silenzio totale chiedo notizie. Mi arriva una mail che mi rassicura e mi dice che il mio notebook è “in linea di riparazione” ed entro due giorni sarà lavorato. Poi arriva il primo colpo di scena: sempre via mail mi comunicano che “per un uso improprio” del notebook, non possono ripararlo e che posso scegliere tra la spedizione di nuovo e la riparazione a pagamento. Concludono la mail con un empatico “Grazie per la comprensione”. Uso improprio? Io rispondo che è sorprendente, dopo aver aspettato tanto tempo e aver mandato il mio pc in giro per l’Europa, scoprire che non è possibile ripararlo e minaccio avvocati e scrittura di articoli. Per tutta risposta mi arriva un messaggio automatico di comunicazione della spedizione del pc (sempre al centro di smistamento). Scrivo inferocito al Customer Service e dopo qualche ora mi risponde un ragazzetto tanto carino che non sa spiegarmi cosa significa l’uso improprio del notebook e fa appello alle “Condizioni generali di utilizzo” che avrei dovuto conoscere. Comunque mi fa un’offertona: al prezzo di soli 190 euro (scontati per me eccezionalmente da 290) mi propone la riparazione. Il mio pc qualche mese fa lo avevo pagato 340… Sforzandomi di essere educato lo ringrazio e gli dico di spedirmi il notebook indietro, che mi arriva il giorno 20 luglio (21 giorni dopo la mia iniziale richiesta e non riparato).
La ciliegina sulla torta finale è la mail (sempre automatica) di sondaggio sul mio livello di soddisfazione, con cui mi chiedono di esprimere la mia valutazione sul servizio di assistenza. Sempre con grande empatia mi chiedono: “Per favore cerchi di stare al sicuro mentre lavoriamo insieme per superare la sfida che questa pandemia presenta”.
Con la massima coerenza possibile farò le due cose che ho promesso: 1) scrivere un articolo su quello che mi è capitato (lo state leggendo) 2) ricorrere ad un avvocato (ci andrò oggi pomeriggio).
E’ una crociata? E’ una lotta contro ai mulini a vento? Non mi interessa. Non voglio essere preso in giro. Non ce l’ho certo con gli operatori che mi hanno risposto al telefono, sono lavoratori che hanno eseguito le istruzioni. Il problema è, come sempre, in alto, molto più in alto.
Un risultato concreto l’ho ottenuto: nei miei corsi su comunicazione e relazione con il cliente, ho un bella best practice da sottoporre all’aula: come NON trattare un cliente.