È all’evidenza e suscita stupore che, in un momento storico di forte disoccupazione, tanti concorsi pubblici per il reclutamento di personale medico vadano deserti.
Un paradosso che, però, si spiega facilmente.
Puntare su figure professionali qualificate, specie in ambito medico, è al centro di ogni strategia nazionale che punti al benessere condiviso. Si comprende, quindi, perché Paesi come Inghilterra, Francia e Germania cerchino di trattenere i medici formatisi sul proprio territorio e di attrarre quelli stranieri, offrendo condizioni di lavoro vantaggiose sia sotto il profilo remunerativo che del carico di lavoro.
In Italia, invece, le croniche difficoltà organizzative del Servizio Sanitario Nazionale e una politica poco attenta al problema non consentono di creare un ambiente realmente attrattivo e soddisfacente per i tanti medici che, sempre in Italia, investono nella propria formazione. Condizioni di lavoro insostenibili, conflittualità interne e inadeguatezza salariale, specie in comparazione con la retribuzione prevista da altri Paesi europei, scoraggiano e inducono a cercare migliore fortuna all’estero.
Conseguentemente, è sempre più difficile per le aziende sanitarie individuare nuovi medici che possano sostituire sia i numerosissimi pensionamenti del momento, sia quelli degli ultimi anni per il blocco del turnover.
La situazione è complicata dalla carenza di medici disponibili a coprire ruoli di particolare importanza per la tutela della salute dei cittadini come pronto soccorso e rianimazione, reparti da anni poco ambiti proprio per i turni massacranti e per il fatto di essere sommersi, insieme a ginecologi e ortopedici, da querele e richieste di risarcimento per colpa medica (nonostante il tentativo, fatto con la legge Gelli-Bianco, di spostare il peso dei risarcimenti sull’Azienda Sanitaria).
Il problema esiste e merita risposta.
Meritocrazia Italia ha già proposto un aumento del numero di posti a disposizione per le Facoltà di Medicina e Chirurgia, pianificando con attenzione il fabbisogno grazie ai dati forniti dall’ENPAM, ente previdenziale dei medici.
Ma, non trattandosi soltanto di numeri disponibili, occorrerebbe anche puntare al miglioramento delle condizioni lavorative, tra l’altro mediante:
– la riduzione del numero di ore di lavoro a carico dei medici che affrontano compiti a elevato livello di tensione, che siano sottoposti a turni altamente stressanti (come operatori di pronto soccorso, anestesisti rianimatori e personale dei reparti di rianimazione);
– l’aumento dei giorni di ferie e ristoro psicofisico per tutti quegli operatori che si sono trovati in concreto a dover affrontare situazioni particolarmente stressanti e impegnative (appare opportuno valorizzare l’attività in fatto svolta da chi abbia operato in condizioni particolarmente impegnative rispetto a chi, pur avendo svolto con serietà il proprio lavoro e a parità di mansioni, per interi turni non abbia incontrato problematiche che abbiano richiesto impegno fuori dall’ordinario);
– un adeguamento salariale, con lo scopo di rendere maggiormente attrattivi i posti messi a concorso sia per i medici stranieri che per i medici italiani e di dar valore al merito, atteso che i costi sopportati in sanità non sono mai voci di spesa ma investimenti in qualità.
Stop war.
fonte: meritocraziaitalia.eu