Nei giorni scorsi hanno lanciato attraverso i loro canali social l’hashtag #noRinvioElezioniCOANapoli. Oggi hanno steso un documento che spiegasse con dovizia di particolari perché l’incandidabilità è un fatto reale. Sono gli avvocati della coalizione “Insieme per l’Avvocatura”, candidati alle elezioni per il rinnovo del prossimo Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli.
Antonio Tafuri, Peppe Napolitano, Dina Cavalli, Maria Giuseppina Chef, Lucio Cricrì, Ilaria Criscuolo, Elena De Rosa, Pasquale Altamura, Luigi Aprea, Giuseppe Camerlingo, Loredana Capocelli, Giovanni Carini, Armando Ceccoli e Gabriele Gava hanno spiegato la loro posizione attraverso una lettera aperta consultabile tra l’altro su Facebook, collegandosi all’indirizzo web https://www.facebook.com/laparolaagliavvocati/posts/1309129719279733.
“Secondo il professor Giovanni Verde – si legge – i Consiglieri che hanno svolto la consiliatura dall’anno 2012 all’anno 2017 avrebbero cessato di svolgere le funzioni di Consigliere formalmente eletto nel 2013 e pertanto, pur avendo espletato nel periodo dal gennaio 2014 all’ottobre 2017 le funzioni consiliari, tale periodo dovrebbe ritenersi come espletato di fatto, non andrebbe computato come ‘mandato svolto’, ma anzi andrebbe calcolato ai fini del decorso del tempo utile per potersi ricandidare”.
“La tesi – afferma la coalizione – oltre ad essere smentita in diritto, pare appartenere a quel cosiddetto diritto creativo che qualche volta rasenta la fantasia”.
Non solo perché le date sono sballate (i Consiglieri eletti nel 2012 hanno avuto pieno mandato fino al 31/12/2014 e non fino al 2013, ricordano i candidati), ma perché, citando la disciplina transitoria, Insieme per l’Avvocatura ritiene che “i commi 1° e 2° dell’art. 17 della legge 113/17, infatti, riconoscono la legittimità istituzionale ai consigli che hanno operato di fatto, al punto di incaricarli dell’indizione delle successive elezioni; il 4° comma, in coerenza e per ulteriore stabilizzazione delle situazioni giuridiche coinvolte, sana gli atti nel tempo adottati dai detti consigli”.
“Il comma 4 – aggiungono gli avvocati – dell’art.17 richiamato, tra l’altro, recita testualmente: Restano comunque salvi gli atti compiuti dai consigli rimasti in carica, rendendo così, in ogni caso, di diritto anche l’attività straordinaria svolta dai Consiglieri”.
Il nuovo regime di eleggibilità ai COA ha l’obiettivo d’impedire “Un’eccessiva permanenza nell’ufficio consiliare, al fine di evitare il consolidarsi di posizioni personali a discapito del ricambio nel personale, universale valore per le cariche elettive, le quali si giovano del rinnovarsi delle rappresentanze e così ad un tempo delle esperienze e degli apporti culturali, evitando aggiuntivamente i rischi d’incrinature personalistiche nell’attività istituzionale”.
Proprio per questo, secondo gli avvocati di Insieme per l’Avvocatura, è “del tutto irrilevante che l’esercizio dell’attività di Consigliere sia stata svolta nel rispetto dei tempi voluti dalla legge ovvero abbia proseguito anche in violazione di essi. Perchè anzi, l’aver esercitato la funzione al di là di quanto sarebbe stato consentito, si presenta come disvalore agli occhi di una normativa che intende proprio raggiungere l’obiettivo d’impedire il radicarsi di posizioni personalistiche nell’ufficio”.
“In conclusione – chiudono gli avvocati – deve ritenersi priva di base giuridica la tesi che vorrebbe porre nell’irrilevante giuridico un periodo di attività consiliare che, non solo ha prodotto plurimi e definitivi rapporti giuridici, ma che è stata anche formalmente riconosciuta dall’ordinamento, il quale ne ha quindi attestato i suoi fini, l’utilità e la formale validità dei consigli e degli atti compiuti dai consiglieri rimasti in carica”.
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