Covid-19, Ascierto: “il Tocilizumab funziona solo nei casi gravi”

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Oms dà ragione ad Ascierto: Tocilizumab efficace

Le dichiarazioni dell’oncologo del Pascale in merito allo studio promosso dall’Azienda unità sanitaria locale Irccs di Reggio Emilia condotto con la collaborazione di 24 centri

“I dati attuali suggeriscono che il tocilizumab è utile quando vi è una tempesta citochinica, con livelli di IL 6 elevati. Ma questa risposta, in modo scientificamente provato, sarà nota solo con i dati dello studio clinico di fase III tuttora in corso“. In altre parole il farmaco anti artrite, sul quale sono in corso anche altri trial, ‘funziona’ nei pazienti con una forma più grave di infezione da Coivd-19. A parlare è Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di Oncologia melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative dell’Istituto tumori Irccs Fondazione Pascale di Napoli, in merito allo studio, reso noto dall’Aifa, randomizzato italiano su 126 pazienti, promosso dall’Azienda unità sanitaria locale Irccs di Reggio Emilia (Principal Investigators i professori Carlo Salvarani e Massimo Costantini), condotto con la collaborazione di 24 centri.

Il Tocivid-19 ha dimostrato, nei pazienti con polmonite severa da Covid-19 – afferma – una riduzione della mortalità del 12,6%“. La riduzione della mortalità in pazienti gravi per l’infezione da coronavirusfa sicuramente ben sperare sulla possibilità di utilizzo nei pazienti con polmonite severa da COVID-19 ed elevati livelli di IL-6“.

Lo studio reso noto ieri dall’Aifaanche se randomizzato, ossia che presenta un gruppo di controllo con pazienti trattati con terapia standard e senza tocilizumab, è sostanzialmente diverso rispetto al Tocivid 19 sia per tipologia di pazienti trattati sia per obiettivi dello studio“. “Il primo valuta la possibilità di efficacia del toci nei pazienti in fase iniziale di polmonite – spiega Ascierto – mentre il secondo valuta l’efficacia nei pazienti con una forma più severa“.

Nello studio emiliano “è stata valutata l’efficacia del tocilizumab a 2 settimane dalla somministrazione in pazienti affetti da polmonite in fase precoce da Covid-19. Si tratta di uno studio su 126 pazienti di cui la metà trattati con il tocilizumab“. Due categorie di pazienti diverse, dunque, perché nel caso dello studio reso noto ieri dall’Aifa, sono stati sottoposti al farmaco pazienti che si trovano in una situazione di infezione più ‘lieve’ rispetto ai pazienti che, invece, sono inclusi nello studio del Tocivid-19.

I pazienti presentavano “valori tra i PaO2/FiO2 200 e 300 mmHg e la ‘presenza di esagerata risposta infiammatoria’ definita dalla presenza di almeno 1 dei seguenti 3 criteri: almeno una misurazione della temperatura corporea superiore ai 38°C negli ultimi due giorni; Proteina C reattiva (PCr) sierica maggiore o uguale a 10 mg/dl, incremento della PCR di almeno due volte il valore basale“.

Non abbiamo il dato di quanti erano i pazienti che avevano solo febbre – sottolinea Ascierto – Inoltre, se è pur vero che la Pcr è un importante surrogato dell’IL-6, sarebbe stato meglio considerare il dato di quest’ultima nella selezione dei pazienti“.
Nel caso dello studio con Tocivid 19 i pazienti trattati avevano i “valori di PaO2/FiO2 inferiori a quelli dello studio emiliano dimostrando che i pazienti trattati nello studio avessero un distress respiratorio più grave“.

La mortalità del 3% che viene registrata nello studio emiliano dimostra che erano pazienti meno gravi a esser trattati – aggiunge – il dato sulla mancata efficacia durante la fase precoce è già emerso“. Ascierto ricorda che la “Sanofi/Regeneron riportava la mancata efficacia del sarilumab in una fase precoce del Covid-19, mentre confermava la sua potenziale efficacia nella forma severa“. “Dati concordi con quelli del Tocivid-19 – prosegue – arrivano anche da un altro piccolo studio retrospettivo dell’università del Michigan, anche quello effettuato su una coorte di pazienti gravi con Covid-19“.

Nello studio emiliano, all’aggravamento, i pazienti che effettuavano solo la terapia standard potevano essere trattati con il tocilizumab – evidenzia – Vale a dire, nei pazienti che non lo avevano fatto nella fase iniziale, in caso di peggioramento potevano farlo successivamente“. “Quindi – conclude – il dato sulla mortalità a 30 giorni è alterato, in senso positivo, dalla possibilità per questi pazienti di ricevere il tocilizumab, in gergo tecnico si chiama cross-over“.