Covid oggi in Italia, stabili nell’ultimo mese i contagi in età scolare. Si tratta del 31% della popolazione secondo quanto riporta l’ultimo report dell’Istituto superiore di sanità (Iss). “Nell’ultima settimana il 20% dei casi in età scolare è stato diagnosticato nei bambini sotto i 5 anni, il 44% nella fascia d’età 5-11 anni, il 36% nella fascia 12-19 anni”.
CASI TRA 0-19 ANNI – Dall’inizio dell’epidemia alle ore 12 del 23 febbraio 2022 “sono stati diagnosticati e riportati al sistema di sorveglianza integrata Covid-19 2.805.320 casi nella popolazione 0-19 anni, di cui 14.544 ospedalizzati, 339 ricoverati in terapia intensiva e 48 deceduti”.
REINFEZIONI – “Nell’ultima settimana la percentuale di reinfezioni sul totale dei casi segnalati è pari a 3,1%, in leggera diminuzione rispetto alla settimana precedente (3.2%)”.
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Dal 24 agosto 2021 al 23 febbraio 2022 sono stati segnalati 232.818 casi di reinfezione, pari a 3% del totale dei casi notificati. Secondo il report Iss, l’analisi del rischio di reinfezione a partire dal 6 dicembre 2021, data considerata di riferimento per l’inizio della diffusione della variante Omicron, “evidenzia un aumento del rischio relativo aggiustato di reinfezione: nei soggetti con prima diagnosi notificata da oltre 210 giorni rispetto a chi ha avuto la prima diagnosi fra i 90 e i 210 giorni precedenti; nei soggetti non vaccinati o vaccinati con almeno una dose da oltre 120 giorni rispetto ai vaccinati con almeno una dose entro i 120 giorni; nelle femmine rispetto ai maschi – suggerisce il report -.
Il maggior rischio nei soggetti di sesso femminile può essere verosimilmente dovuto alla maggior presenza di donne in ambito scolastico, oltre l’80%, dove viene effettuata una intensa attività di screening e al fatto che le donne svolgono più spesso la funzione di caregiver in ambito familiare”.
E poi “nelle fasce di età più giovani (dai 12 ai 49 anni) rispetto alle persone con prima diagnosi in età compresa fra i 50-59 anni. Verosimilmente il maggior rischio di reinfezione nelle fasce di età più giovani è attribuibile a comportamenti ed esposizioni a maggior rischio, rispetto alle fasce d’età sopra i 60 anni; infine negli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione”.
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