Non fanno ben sperare le prime stime globali sulla pandemia nei prossimi mesi. Secondo gli esperti dell’Institute for Health Metrics and Evaluation (Ihme) presso la School of Medicine dell’Università di Washington, infatti, nel 2020 avremo “un dicembre mortale”, con picchi di decessi che potranno arrivare a 30mila al giorno nel mondo. E’ quanto emerge dal report con le prime proiezioni globali sulla pandemia, che però evidenzia anche il potere delle misure anti-Covid: gli esperti prevedono che quasi 770mila vite in tutto il mondo potranno essere salvate da qui al 1 gennaio, attraverso l’uso di mascherine e il rispetto del distanziamento sociale.
I decessi cumulativi previsti entro il 1 gennaio ammontano a 2,8 milioni, circa 1,9 milioni in più da oggi fino alla fine dell’anno. Per l’Italia – che non figura nella top ten delle nazioni che conteranno il maggior numero di vittime totali (in questo caso al primo posto c’è l’India) e per abitanti -le attuali proiezioni stimano che i decessi totali potranno arrivare a quota 56.071 entro il 1 gennaio, con poco meno di 500 morti al giorno a dicembre, fortemente contrastabili con l’uso universale di mascherine e il rispetto del distanziamento. “Queste prime proiezioni mondiali per Paese offrono una previsione scoraggiante e una tabella di marcia sull’andamento dell’epidemia che i leader governativi e gli individui possono seguire”, ha affermato il direttore dell’Ihme, Christopher Murray. “Siamo di fronte alla prospettiva di un dicembre mortale, soprattutto in Europa, Asia centrale e Stati Uniti. Ma la scienza è chiara e le prove inconfutabili: indossare la mascherina, rispettare il distanziamento e limitare gli assembramenti i sociali sono fondamentali per aiutare a prevenire la trasmissione del virus “.
L’Istituto ha modellato tre scenari: uno “peggiore” in cui l’utilizzo delle mascherine rimane ai tassi attuali e i governi continuano ad allentare i requisiti di distanziamento, che porterebbe a 4 milioni di morti totali entro la fine dell’anno; uno “migliore”, con 2 milioni di morti totali se l’uso della mascherina sarà quasi universale e i governi imporranno requisiti di distanziamento quando il tasso di mortalità giornaliero supera 8 casi per milione; e uno scenario “molto probabile” che presuppone misure invariate, con un totale dunque di circa 2,8 milioni di morti.
I riferimenti alle 750mila vite salvate e alle 30mila morti giornaliere a dicembre rappresentano le differenze tra lo scenario “migliore” e quello “più probabile”. L’aumento del numero dei decessi è dovuto in parte “a un probabile aumento stagionale dei casi di Covid-19 nell’emisfero settentrionale”, spiegano i ricercatori. Ad oggi, infatti, la malattia ha seguito modelli stagionali simili alla polmonite e, se questa correlazione continua a essere valida, i Paesi del Nord possono prevedere più casi nel tardo autunno e nei mesi invernali, ragionano gli esperti. “Le persone nell’emisfero settentrionale devono essere particolarmente vigili con l’avvicinarsi dell’inverno poiché il coronavirus, come la polmonite, sarà più diffuso nei climi freddi”, ha detto Murray. “Guardando le sconcertanti stime su Covid-19, è facile perdersi nell’enormità dei numeri”, ha ammesso l’esperto: “Il numero di morti supera la capacità dei 50 stadi più grandi del mondo, un’immagine che fa riflettere”.
Nel più probabile degli scenari dell’Ihme, le nazioni con più morti totali pro capite sarebbero le Isole Vergini americane, i Paesi Bassi e la Spagna. Questo scenario prevede 959.685 decessi totali entro il 1 gennaio nella regione delle Americhe, 667.811 nella regione europea, 79.583 nella regione africana, 168.711 nella regione del Mediterraneo orientale, 738.427 nella regione del sud-est asiatico e 191.598 nella regione del Pacifico occidentale.
“Dobbiamo tutti imparare dai leader dei Paesi in cui il virus è stato contenuto, o dove si sono verificate seconde ondate di infezioni, e dove è stata intrapresa un’azione rapida per prevenire la perdita di vite umane”, ha detto Murray. L’esperto ha anche ammonito a non perseguire la strategia di “immunità di gregge”, che si verifica quando un’ampia percentuale di membri una comunità diventa immune al virus attraverso l’infezione e il recupero. Lo scenario “peggiore” in queste proiezioni riflette infatti una situazione in cui i governi consentono la trasmissione del virus senza ‘freni’ nella popolazione, con una conseguente significativa perdita di vite umane. “Questa prima previsione globale rappresenta un’opportunità per sottolineare il problema dell’immunità di gregge, che, essenzialmente, ignora la scienza e l’etica e consente milioni di morti evitabili”, ha concluso Murray. Ciò è, secondo l’esperto, “semplicemente, riprovevole”.
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