Resta il coprifuoco, anche se sarà posticipato molto probabilmente alle 23; il settore del wedding ripartirà a metà giugno mentre i centri commerciali potranno tornare ad accogliere clienti anche nei fine settimana forse già dal 22 maggio. E non è escluso che si arrivi ad una revisione dei parametri che determinano il cambio di colore delle Regioni: al posto dell’Rt diventerà determinante l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva. Si delinea il ‘pacchetto’ di interventi che andranno a modificare il decreto, pacchetto che potrebbe essere esaminato nella cabina di regia tra le forze di maggioranza convocata da Palazzo Chigi.
Con la curva dei contagi e delle vittime che continua la lenta discesa, mai così pochi dall’8 ottobre scorso, il progressivo svuotamento delle terapie intensive e la campagna di vaccinazione che ormai procede senza particolari intoppi, la linea dell’esecutivo resta quella di procedere nel programma delle riaperture.
Ma mantenendo sempre quel principio di gradualità e prudenza più volte sottolineato dal presidente del Consiglio Mario Draghi, per fare in modo che non si debba tornare indietro. Anche perché, è il ragionamento che viene fatto, i numeri ‘veri’, quelli in cui ci sarà la fotografia di quanto avvenuto a partire dalle riaperture del 26 aprile, si cominceranno a vedere solo con il monitoraggio di venerdì prossimo. Ed è questo il motivo principale per il quale non ci sarà l’eliminazione delle misure, a partire dal coprifuoco, come vorrebbero parte del centrodestra, Iv e buona parte delle Regioni. Matteo Salvini lo ha chiesto anche oggi, spalleggiato dai governatori del centrodestra, da Giovanni Toti a Luca Zaia. “Aperture, aperture, aperture, ritorno al lavoro senza coprifuoco.
Conto che questa sia la settimana e il governo prenda atto non delle richieste della lega ma dei dati medici e scientifici”. Parole alle quali replica Enrico Letta che, senza nominarlo, accusa quei “pifferai magici” che provano ad intestarsi la scelte del governo e rivendica la posizione del Pd, che è poi la stessa del ministro della Salute Roberto Speranza: le riaperture devono essere irreversibili e lo saranno solo se si rispettano “protocolli e tempistica”. Se ci sarà la ripartenza, aggiunge, “è solo perché c’è stato il rigore e chi, come noi, ha vigilato perché fosse rispettato”. La sintesi tra le posizioni la farà Draghi nella cabina di regia politica anche se la linea è tracciata e l’ha ribadita anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio: le misure vanno “alleggerite” per attirare i turisti e non rimanere indietro rispetto agli altri paesi europei. Alleggerite, non eliminate.
La verifica dei prossimi giorni sarà poi l’occasione per indicare anche gli interventi che interessano quei settori che non hanno ancora ripreso l’attività. Il wedding, ad esempio, dovrebbe ripartire il 15 giugno; e una data dovrebbe arrivare anche per le piscine al chiuso. Il centrodestra è in pressing per anticipare già a lunedì prossimo l’apertura dei ristoranti al chiuso e delle palestre (prevista invece per il 1 giugno), dei centri commerciali nei fine settimana – domani i 1.300 punti vendita sparsi in Italia abbasseranno le saracinesche per protestare proprio contro la prolungata chiusura – mentre per i parchi tematici si punta al primo giugno (ora fissata al primo luglio) ma difficilmente le richieste verranno accolte. E’ molto probabile invece che ci sia un ragionamento sulla richiesta che arriva dalle Regioni di rivedere l’Rt: con il sistema in vigore, se si va sopra l’1 si passa automaticamente in arancione e con 1,25 in rosso.
I dati attuali dicono che a rischiare il passaggio in arancione sono almeno in 3: Lombardia, Veneto e Campania. “A partire dalla prossima settimana l’Rt rischia di aumentare e ci potranno essere nuove zone arancioni – conferma l’analisi del Gimbe – ma se il governo dice che le riaperture sono irreversibile a questo deve corrispondere un cambiamento dei parametri”. Mercoledì ci sarà una riunione tra il ministro degli Affari Regionali Mariastella Gelmini, Roberto Speranza e le Regioni con queste ultime che continuano a chiedere di tenere in considerazione per l’attribuzione dei colori non più l’indice di diffusione del contagio ma l’Rt ospedaliero e la percentuale dei vaccinati tra le categorie più a rischio.
Intanto per il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, si potrebbe ripensare all’utilizzo della mascherina, obbligandone l’uso solo in caso di assembramenti o luoghi affollati. Ipotesi, però, che potrà essere seriamente presa in considerazione – come conferma lo stesso sottosegretario – solo una volta superata quota 30 milioni di dosi somministrate. Cosa che secondo Giovanni Corrao, professore di statistica medica all’Università Milano Bicocca, potrebbe avvenire per il 22 giugno. A spingere per avere più fiale a disposizione sono le Regioni con in testa i presidenti Lombardia, Attilio Fontana, e del Veneto, Luca Zaia, che lamenta l’insufficienza di dosi.
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