Stazione Marittima: polemiche sulla scultura di Molinari

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Molinari Napoli

Volendo chiarire sulle numerose polemiche seguite alla collocazione di una scultura di Molinari sul piazzale della Stazione Marittima di Napoli, mai come in questo caso sono di promettente spunto riflessivo alcune intelligenti parole di uno dei più noti architetti contemporanei, il canadese Frank Gerhy. A proposito di una delle più celebri sculture della grecità amava affermare che per quanto di essa si ignorasse chi fosse il suo autore, tuttavia, a contare di più, ora come in passato, molto probabilmente, non è il genio di chi ne fu l’artefice, ma il consenso popolare che riuscì a renderla possibile.

Alla Stazione Marittima la scultura di Molinari suscita polemiche e non solo sui social

Ma cosa significa ciò? Vuol dire che un’opera monumentale può dirsi tale solo quando è espressione di una cultura, di un popolo, che la ha voluta ed espressa, commissionata e accettata. Troppo spesso ai giorni nostri, come le archistar del calibro di Frank Gerhy ci dimostrano, le opere monumentali non sono motivate da nessun consenso, nascono da esigenze di mercato e vengono disposte nelle nostre città come se fossero baracchini, soprammobili, fermacarte, da disporre a piacere e senza alcun criterio estetico collettivo.

La scultura di Molinari è indifferente al contesto che lo ospita

Il sacrario del migrante ignoto, scultura di Mario Molinari, è uno dei tanti fermacarte, una delle tante opere “idiote”, aliene, in relazione alla quale Napoli e il suo Skyline è stato ridotto a uno “0”; ma guarda un po’, come tutte quelle opere d’arte monumentali imposte, che non nascono da alcun consenso popolare, cittadino, di massa, a “nessuno piace” e, anzi, solo da poco è stato posto sul Piazzale della Stazione Marittima e già tante polemiche ha creato. Il sacrario del migrante ignoto è un monumento di 12 metri di altezza in acciaio corten naturale che, a chi lo ha davanti, subito suscita stupore e un senso di estraneità, come se un manufatto extraterrestre proveniente da una civiltà futura fosse atterrata in un museo archeologico a cielo aperto.

La scultura di Molinari non dialoga con lo Skyline e non nasce da un consenso popolare

Per chi molto probabilmente non possiede un senso estetico della città, come la Guardia costiera, il Genio civile e la Soprintendenza di Palazzo Reale, il sacrario del migrante ignoto appare come un’opera che stupisce e, per alcuni, solo per questo meritevole di essere apprezzata. Ancor di più proprio perché risulta essere una delle grandi opere dello scultore torinese Mario Molinari, recentemente scomparso, per chi lo ha collocato sul piazzale della Stazione Marittima è ininfluente se esso stona con ciò che lo circonda o per nulla dialoga con le bellezze architettoniche circostanti. Per la Soprintendenza di Palazzo Reale non ha importanza che questo enorme fallo di acciaio  stona con la nuova piazza Muncipio dell’architetto portoghese Alvaro Siza o con la ricollocata Fontana di Nettuno o con il Maschio Angioino, la Certosa di San Martino, la Stazione Marittima stessa. Il monumento solo perché feticcio di un grande artista merita di essere collocato in una città che non la vuole, che non la considera integrata con ciò che sente ed è.

Ciò che è importante, come nel caso delle archistar, è l’autore della scultura e ciò che esso rappresenta per i pochi che la hanno collocata sul mare; il consenso della cittadinanza non è necessario, ragion per cui se essa la voglia o no rimane del tutto ininfluente. Sui Social aspre polemiche e giudizi intransigenti piovono sull’assurda nuova collocazione del monumento m0linariano e non solo perché quest’ultima appare incoerente, indifferente, aliena, dal suo contesto, ma, anche, sui criteri di scelta che hanno reso possibile, senza alcun consenso popolare, posizionare un fermacarte del genere in un posto così bello.

Monumenti del genere, come fu per i greci, abbisognano, prima di tutto, di un consenso diffuso della città e soprattutto andrebbero progettati per la città e dalla città. Il monumento molinariano non dice nulla di Napoli, ancor di più della tragedia dei migranti, è totalmente aliena dal contesto e, come la sua stessa origine dimostra, è stata frutto di una cultura (quella piemontese) che non ha nulla da spartire con questi luoghi.

Come andrà a finire la questione? La Capitaneria di porto si farà forte del principio di autorità e dell’ipse dixit di qualche fallito critico d’arte oggi in voga o si aprirà al volere dei napoletani? L’enorme parafulmine molinariano verrà rimosso dal piazzale o rimarrà dov’è, a ricordare come il potere e il buon gusto si sia allontanato dalla società civile?