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Dagli esordi al David di Donatello, i Foja si raccontano (VIDEO)

“Foja”, tradotto in italiano significa foga, quella forza vitale che non consuma ma accende. La stessa “foja” che ritroviamo negli occhi Dario Sansone e  Giovanni Schiattarella. Uno è voce, testi e chitarra del gruppo, l’altro la batteria. L’accoglienza è delle migliori, la tranquillità e la semplicità con cui veniamo accolti è veramente eccezionale. Il successo che li sta travolgendo ultimamente non gli ha minimamente montato la testa, dalle esibizioni davanti a poche persone ai concerti sold-out, alla candidatura al David di Donatello e ai concerti all’estero, loro sono rimasti gli stessi.

Partiamo dalla domanda più banale, perché la scelta del nome Foja?

“Innanzitutto perchè è un nome breve, e come diceva il grande Massimo Troisi se dai un nome breve subito viene recepito. La “foja” per noi è una forza che rappresenta il nostro modo di suonare. Poi è un nome in dialetto che rappresenta appunto la scelta che abbiamo fatto noi del dialetto per quanto riguarda i nostri testi.”

Come mai questa scelta di scrivere testi solo ed esclusivamente in dialetto?

“In realtà in passato avevamo qualche testo in italiano, ma che poi abbiamo sempre scartato perché col tempo ci siamo resi conto che il modo migliore e più diretto per arrivare alle persone, per trasmettere qualcosa era proprio il dialetto. La lingua è il nostro punto di forza, magari se non usassimo il dialetto perderemmo probabilmente molta della nostra originalità”.

Il vostro singolo ‘A malia è candidato al David di Donatello come miglior canzone originale. Il singolo è la colonna sonora del film L’arte della felicità di Alessandro Rak, come è nata questa collaborazione?

“Alessandro lo conosciamo da tempo, e cura la nostra immagine fin dal nostro esordio. In realtà io (Dario) sono anche un disegnatore e quindi ho collaborato attivamente al film come aiuto regista. Per noi la candidatura al David è stata una cosa inaspettata e una grande gioia”.

Per quanto riguarda il vostro primo disco, vi aspettavate un successo del genere? E per il vostro primo singolo, “O sciore e o’viento”, che vi ha fatto conoscere al grande pubblico?

“In realtà non ci aspettavamo il secondo disco. Il primo è stato veramente un salto nel vuoto, non sapevamo cosa aspettarci però erano canzoni che avevamo macinato nel tempo. Per il secondo invece abbiamo avuto molto meno tempo ed avevamo più responsabilità addosso, però vedere che è stato accolto bene ci sorprende e ci rende soddisfattissimi. Diciamo che tutto quello che è accaduto è già più di quanto ci aspettavamo”.

Avete molte date al Nord: in un periodo cosi particolare per quanto riguarda Napoli, in cui si parla tanto di razzismo nei confronti di questa città, com’è l’accoglienza?

“L’accoglienza è sempre stata ottima, anche perché laddove c’è intelligenza, cultura e voglia di ascoltare cose nuove c’è sempre l’apertura mentale giusta per quanto riguarda le cose che provengono da Napoli. Spesso comunque riceviamo attestati di stima perché portiamo fuori delle cose positive di questa città”.

Avete fatto anche molte date fuori dall’Italia, com’è suonare all’estero?

“E’ veramente bellissimo, anche perché la gente ha risposto bene e questa per noi è stata una sorpresa. Tra l’altro la gente ci ha sempre mostrato affetto. Un aneddoto che ricordiamo con piacere è stato quando dopo un concerto a Barcellona, alcune fan ci hanno portato una frittata di maccheroni. Credo che vedere le persone divertirsi per ciò che suoni, a prescindere dalla lingua in cui lo fai, è una bellissima sensazione che dà anche grande soddisfazione.”

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Redazione Desk

Questo articolo è stato scritto dalla redazione di Road Tv Italia. La web tv libera, indipendente, fatta dalla gente e con la gente.

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