Intervista ad Adriano Falivene, dalla gavetta alla consacrazione agli occhi del grande pubblico con il personaggio nato dalla penna di Maurizio de Giovanni.
Adriano Falivene 33 anni da compiere a luglio, napoletano e attore. Tanta gavetta, tanti ruoli. Tanto lavoro a teatro. Come e dove inizia la sua carriera di attore?
Al teatro Bellini di Napoli. Non avevo finito ancora il triennio di studi in accademia che arrivò la chiamata per un ruolo da protagonista per lo spettacolo “Granvarietà” di Gabriele Russo.
Teatro, cinema e televisione, tre modi diversi di rappresentare l’arte. Il suo sentire, rispetto tre diverse rappresentazioni dell’essere attore?
La ricerca è la stessa, così come dovrebbe essere uguale il fine ultimo. Cambiano i canoni e le regole. Il mio sentire ovviamente in teatro è acuito dalle emozioni del pubblico vivo in sala. Sul set questo tipo di emozione è condivisa innanzitutto con i colleghi e le maestranze. Interrompere il flusso emozionale ha però anche i suoi lati positivi.
Tra le altre cose, lei è musicista, ma è anche clown, trampoliere, sputafuoco, giocoliere ed equilibrista su sfera. Da dove nascono queste passioni?
Non so rispondere di preciso, forse dal desiderio di lasciare un segno negli altri. Sono tutti modi, seppur diversi, di rispondere alla stessa esigenza.
Lei interpreta uno dei personaggi più amati dai lettori dei romanzi di Maurizio de Giovanni. Che cosa ha provato, quando ha saputo dal regista che era stato scelto per il ruolo di Bambinella?
Una felicità immensa ma anche un forte senso di responsabilità soprattutto nei confronti dei lettori e del “papà” di queste meravigliose creature capaci di tenere accese le luci della speranza e dei sogni
Com’è vestire i panni di Bambinella, che è anima sensibile e voce di grandi con-fronti con il brigadiere Maione, ci racconta il provino?
Tutt’altro che semplice, ma il preziosissimo lavoro del regista Alessandro D’A-latri fin dal primo provino ha illuminato la strada. Mi sono presentato con una proposta su cui abbiamo lavorato trovando gesti che poi ha tenuto nelle riprese: dopo il monologo nel quale Bambinella descrive la sua infanzia, Alessandro mi ha suggerito di lasciarmi cadere indietro sulla sedia come si fa quando ci si libera da un grande peso. Questa, come tante altre sue indicazioni, sono per me regali inestimabili.
Com’è stato lavorare con la regia di Alessandro D’Alatri e con Antonio Milo, con cui divide le scene de Il Commissario Ricciardi?
Io e Antonio ci siamo conosciuti direttamente da personaggi. È stato divertente, infatti, non essere riconosciuto da lui una volta rientrato nei miei panni. Da Alessandro ho percepito l’amore e il rispetto verso chi si incammina per questa strada. Lavorare con loro è stato emozionante, divertente e soprattutto una grande scuola di cinema e umanità.
Cosa possiede dell’animo di Bambinella, Adriano Falivene, nella vita vera?
Difficile parlare con razionalità di qualcosa nella quale razionalità non c’è. Ad ogni modo posso dire che condividiamo l’amore per la giustizia, la verità ed il caffè.
Lei è nato Napoli, il suo rapporto con il mare e la sua napoletanità?
Napoli non è solo una città ma anche uno stato d’animo che non tutti i napoletani possiedono, così come il mare per qualcuno può essere solo acqua ma per altri è il non luogo dove abita tutto ciò che non ha un’essenza materiale.
Uno sguardo al futuro, in un momento così particolare che l’umanità vive, cosa augura a se stesso ed anche agli altri?
L’augurio è di tornare presto ad una vita di reale condivisione e contatto. Mi auguro inoltre che si possa tornare in teatro e che tutte le persone che in questo momento sono isolate possano presto riabbracciare i propri cari.
Se non avesse fatto l’attore, come immaginava la sua vita?
Da bambino mi immaginavo come un agente segreto, ho anche inviato il curriculum alla CIA… ma non mi hanno risposto! Bambinella ha realizzato anche questo mio sogno, diventando in qualche modo la “007” di Maione.