D’Amore e d’Arte, Antonio Milo: “Luca Zingaretti mi disse che gli ricordavo il brigadiere Maione”

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Intervista ad Antonio Milo, napoletano e attore, tanti ruoli in moltissime serie e fiction, fino all’incontro con il personaggio nato dalla penna di Maurizio de Giovanni.

Antonio Milo, 52 anni, napoletano e attore. Tanta gavetta, tanti ruoli in moltissime serie e fiction, ha raggiunto la grande popolarità con il ruolo di “Attilio O ‘Trovatello” nella serie tv Gomorra. Ha esordito al cinema nel 1993 nel film di Nanni Moretti: Caro diario. Lo abbiamo visto in Natale in casa Cupiello, tra-smesso in tv a dicembre.

Cosa lo spinge a iniziare la carriera di attore?

Per caso fui scaraventato su un palco per uno spettacolo della mia scuola. Lì capii che quello era il mio mondo. Avevo circa 19 anni quando vinsi una borsa di studio per una scuola di recitazione e da quel momento è iniziata la mia avventu-ra.

Teatro, cinema e televisione, tre modi diversi di rappresentare l’arte. Il suo senti-re, rispetto tre diverse rappresentazioni dell’essere attore?

Non vivo nessuna distinzione emozionale, se non di carattere tecnico e di ap-proccio a seconda del mezzo di comunicazione che ho di fronte.

In diversi sondaggi sui social è subito emerso per il ruolo del brigadiere, il suo nome. Che cosa ha provato, quando per prima i lettori hanno immaginato lei, per interpretare Maione?

Sicuramente una grande gioia perché, essendo un lettore dei romanzi dello scrittore Maurizio de Giovanni, sapevo che quello del brigadiere Maione era un ruolo importante e che poteva incidere sulla mia carriera.

Ci racconta l’incontro con il regista Alessandro D’Alatri e cosa ha rappresentato per lei?

Senza alcun dubbio è stato un’incontro illuminante. Le indicazioni che mi ha dato, per meglio interpretare Maione, sono state chiare e fondamentali per me. Oltre ad essere stato una scoperta, da un punto di vista umano, perché ho visto un uomo innamorato di Napoli e dei napoletani. Vederlo lavorare, lui che viene dal cinema di un certo livello, ed ama il suo lavoro è stato altamente formativo. Quindi direi senza dubbi un’incontro felice.

Com’è vestire i panni del brigadiere Raffaele Maione vice del Commissario Luigi Alfredo Ricciardi, ci racconta il provino?

È una scican continua di stati d’animo, quindi attorialmente impegnativo ma anche molto gratificante. Il mio provino fu su tre scene, una con il commissario, una con Lucia, quando le chiedo un sorriso per i figli, è una con Bambinella quando la zittisco minacciandola con un:” Te metto na funa nganno se non la smetti!”

Cosa possiede Antonio Milo di Raffaele Maione, nella vita vera?

La napoletanità, l’affrontare la vita con positività e ironia. Oltre la passione per il sugo alla genovese.

Il ruolo del brigadiere Maione, interagisce con quasi tutti gli altri protagonisti, come è stato lavorare con Adriano Falivene, interprete di Bambinella?

Con Adriano non ci conoscevamo prima, ma è scattata subito un’affinità eletti-va, una sinergia è sembrava che avessimo sempre lavorato insieme. Sicuramente è un pregio del regista, scegliendo attori che hanno la stessa origine, per lo più teatrale, che hanno lo stesso comune denominatore, che hanno anche i personaggi, ovvero l’empatia. Lavorare con Adriano, non dico semplice, ma le cose diffici-li, farle con lui – che è straordinario – è stato più semplice grazie anche alla sinergia che si è creata.

Il brigadiere Maione è fondamentale per il Commissario Ricciardi, interpretato magistralmente da Lino Guanciale, è stato facile? Credo che lei abbia avuto un duplice ruolo, interpretare Maione, ma anche interprete di Maione nel confronto di un Ricciardi che parla poco, e che spesso, ha difficoltà a relazionassi con gli altri. Come è stato lavorare con Lino Guanciale?

Il rapporto con Lino è stato straordinario, perché Lino è un grande attore e una grande persona, l’indicazione registica, che mi ha dato Alessandro, è stata illumi-nante, perché il rapporto che Maione ha con Ricciardi è quella che un padre ha con un figlio. Come spesso accade ad un padre con il proprio figlio, non spesso si comprende il comportamento ma lo sia ama a prescindere. Ed è questo ciò che accade tra loro; Maione percepisce che c’è qualcosa di strano nel suo commissario, che vede qualcosa che ad altri e precluso, ma la vive come una condizione di normalità dettata dalla stima e dall’affetto, basti pensare al fatto che Ricciardi ha portato a Maione le ultime parole di suo figlio Luca per cui la gratitudine è incommensurabile.

Si sul dire “squadra vincente non si cambia”, può anticiparci qualcosa circa una seconda serie de Il Commissario Ricciardi?

Credo ci stiano pensando. Del resto i dati degli ascolti sono stati più che sod-disfacenti. Il materiale per lavorarci c’è, infatti ci sono altri sei romanzi di Maurizio de Giovanni. Come diceva una canzone di Battisti, lo scopriremo solo vivendo, sperando di darvi a breve una bella notizia.

Lei è nato a Castellammare, il suo rapporto con il mare e la sua napoletanità?

Il mare è una delle mie passioni, è un elemento che non può mancare e con la napoletanità, credo che sia una marcia in più nella vita. Significa avere a che fare con la bellezza.

Uno guardo al futuro, in un momento così particolare che l’umanità vive, cosa augura a lei ed anche agli altri?

Un nuovo rinascimento, rimettendo al centro la capacità dell’essere umano di produrre bellezza.

Se non avesse fatto l’attore, come immaginava la sua vita?

Non la immagino, sarebbe stata diversa sicuramente avrei avuto il rimpianto di non averci provato.