Omicidio Davide, il carabiniere: “Chiedo perdono alla famiglia, ma non ho mirato al ragazzo”

"Chiedo perdono alla famiglia". Il carabiniere che giovedì notte ha sparato e ucciso il 17enne Davide Bifulco non ci sta a passare per assassino. E continua a sostenere la sua versione dei fatti. Che non combacia con quella fornita da Salvatore Triunfo, insieme a Davide sullo scooter quella sera

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Non ho sparato intenzionalmente, sono inciampato. Si fonda su questa affermazione la difesa del carabiniere che lo scorso giovedì notte ha esploso il colpo di pistola che ha ferito e ucciso il 17enne Davide Bifolco. Un colpo partito accidentalmente, una disgrazia, un errore involontario per il quale il carabiniere ha anche chiesto pubblicamente scusa alla famiglia del ragazzo. “Sono addolorato. Con pudore voglio chiedere alla famiglia di Davide perdono. Consapevole che niente e nessuna parola potrà attutire il dolore, che segnerà per sempre anche la mia vita” ha dichiarato il carabiniere in un’intervista rilasciata oggi al quotidiano Repubblica. Non ho mirato contro Davide, ma sono inciampato, è stato solo un terribile incidente. Questa tragedia è stata la conseguenza impensabile, umanamente inaccettabile, di un incidente.

Marcello, (nome di fantasia, ndr) il carabiniere 32enne responsabile della morte del giovane Davide, non ci sta a passare per assassino. In uns precedente intervista a Repubblica, rilasciata prima ancora di essere ascoltato dai pm, raccontava già quella versione dei fatti che sarà, molto probabilmente, lo zoccolo duro su cui si baserà la sua difesa anche in tribunale: Non ho mai puntato la pistola né contro quel giovane, né contro altri presenti”. Ma non tutti gli credono. Di quella notte infernale, che cambierà per sempre la sua vita, Marcello racconta ogni cosa. Parla di come, insieme al collega, abbiano visto arrivare il motorino con a bordo i tre ragazzi, di come avrebbero riconosciuto, seduto giusto nel mezzo, il latitante Arturo Equabile, di come sia scattato l’inseguimento.

“All’altezza del viale Traiano vediamo quel ciclomotore con tre persone a bordo. Li inseguiamo, arriviamo fino al senso rotatorio di via Cinthia e quando loro svoltano, io riconosco seduto proprio in mezzo il soggetto: Equabile. Vedo una sorta di scintillìo, che proviene da qualcosa di metallico, il soggetto ce l’ha nella sinistra”. I due carabinieri si convincono che i tre siano in possesso di una pistola. “Loro cercano di superare il cordolo dello spartitraffico, noi gli stiamo dietro, quando lo scooter perde velocità e si arena noi ormai non riusciamo a fermarci e finiamo per toccarli e farli cadere”.

Ma sparare no. “Avevo nella destra l’arma con il colpo in canna, perché credevo che fossero armati. Con la sinistra cercavo di bloccare il soggetto con il giubbotto rosso che stava per scappare di nuovo”.  Il soggetto con il giubbotto rosso sarebbe Salvatore Triunfo. Davide in questo momento sarebbe ancora a terra, in attesa della sua sorte. Sarebbe questo il momento in cui, stando alle dichiarazioni del carabiniere, sarebbe accidentalmente partito il colpo.

Oggi il carabiniere è stato ascoltato anche dal pm Manuela Persico. Le sue dichiarazioni però non collimano con quelle rese da Salvatore Triunfo. Il ragazzo, 18enne pregiudicato, nega infatti sia la presenza di un latitante in sella allo scooter (il ragazzo fuggito  sarebbe Enzo Ambrosio, che ha rilasciato a sua volta dichiarazioni scottanti: QUI IL VIDEO), sia di essere stato afferrato dal carabiniere nel momento fatale in cui sarebbe partito il colpo mortale. E anzi, accusa il carabiniere, dicendo di averlo visto puntare la pistola contro Davide e fare fuoco. Dov’è la verità? Sarà un processo a deciderlo.

L’autopsia, che si terrà domani, aiuterà a chiarire la dinamica dei fatti. Ieri al Rione Traiano l’ennesimo corteo in memoria del ragazzo. Intanto la famiglia di Davide, dopo aver reso pubbliche alcune foto del cadavere, lancia un appello alla non violenza. Nostro figlio deve essere ancora seppellito, nessuno e dico nessuno deve sentirsi autorizzato a compiere atti di violenza anche verbale in suo nome. Chi vuole bene a Davide deve rispettarlo. Noi chiediamo soltanto giustizia. Chi usa la violenza in suo nome non sa quanto danno fa a lui e alla nostra famiglia”.