Alla vigilia del debutto in Europa League del suo Napoli, atteso domani in casa del Leicester, il presidente Aurelio De Laurentiis affida al britannico Daily Mail la sua riforma per il calcio continentale, proponendo un campionato europeo, ad accesso meritocratico, che garantirebbe – secondo le sue previsioni – introiti per 10 miliardi di euro. Nonostante l’aperta contrarietà al progetto della Superlega, De Laurentiis si dice preoccupato di come i club, abbagliati dalla possibilità di giocare e vincere la Champions League e l’Europa League, finiscano per spendere più di quanto incassino, anche a causa di entrate non adeguate.
E’ per questo – secondo il n.1 del Napoli – che il calcio continentale deve andare verso un torneo europeo con accesso in base ai risultati, e non chiuso ad invito come viceversa previsto dalla Superlega. “La Champions e l’Europa League non generano sufficienti entrate che giustifichino determinati investimenti – le parole di De Laurentiis al Mail -. Per essere competitivi bisogna poter ingaggiare i migliori giocatori, e dunque spendere molti soldi, che i montepremi delle competizioni europee non coprono. I club si devono confrontare tra loro per trovare una competizione più moderna ed economicamente vantaggiosa per tutti”.
Intervenendo dapprincipio sui campionati nazionali, che secondo il presidente partenopeo devono essere ridimensionati. “Dobbiamo ridurre il numero delle squadre delle massime divisioni e creare un campionato europeo con un sistema di accesso democratico – ha aggiunto -, basato sui risultati domestici delle singole squadre. Ho esaminato un progetto già pronto che porterà 10 miliardi di euro al calcio europeo, ma c’è bisogno di volontà e totale indipendenza”. De Laurentiis ha anche confessato la sua ammirazione per il calcio inglese, dal quale “noi italiani dobbiamo imparare molto”.
“Se non cambiamo le regole del gioco e non lo rendiamo uno spettacolo migliore – l’avvertimento finale del presidente del Napoli -, i giovani ci abbandoneranno e il calcio non sarà più al centro delle nostre vite. Secondo le mie ricerche, i giovani dagli otto ai 25 anni hanno smesso di vedere il calcio in tv, preferendo giocare coi cellulari”.
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