E’ uscito il 3 febbraio per Homo Scrivens il nuovo romanzo di Annamaria Varriale, apprezzata scrittrice e poetessa napoletana che ha già ricevuto tanti riconoscimenti per la sua scrittura emozionante, ricca di dettagli e forte e dinamica.
Questo nuovo lavoro fotografa i ricordi e la storia di tutti noi attraverso la memoria dell’autrice, la storia di singoli cittadini che si mescola a quella con la S maiuscola,la memoria che non si cancella e che riporta a galla all’improvviso il vissuto. La Varriale racconta la forza dirompente di storie di persone comuni, ma che di banale non hanno niente. “Di sangue e d’amore” sono fatti i ricordi con i dettagli e le emozioni che restano cristallizzate in ognuno di noi e l’autrice le restituisce al lettore con la sua verve incisiva e dolce. E così possiamo venir a conoscenza di Beth, scomparsa nel nulla, di Florinda e della sua ossessione d’amore, possiamo scoprire la stessa autrice che ha partecipato alle contestazioni giovanili degli anni ’70, conoscere altri racconti delle guerre, rivedere la Napoli che fu, la Napoli del boom economico post seconda guerra mondiale, con l’ampliamento dei suoi quartieri. “Di sangue e d’amore” è un romanzo che racconta le storie di tutti, le memorie che diventano ricordi ora consolatori, ora malinconici, ma sempre importanti perché senza la memoria dei ricordi nulla siamo e non potremmo guardare al futuro.
Annamaria Varriale, il titolo di questa ultima tua fatica è davvero bellissimo. Come e perché lo hai scelto?
Sono felice che ti piaccia. La scelta è stata affannosa. A differenza del mio primo romanzo per cui nacque prima il titolo e poi mi misi a scrivere, per questo non riuscivo a trovare un titolo adatto. E’stato il mio editore che, dopo aver letto le storie che ho narrato, me lo ha proposto e mi è sembrato giusto.
La memoria che restituisce la vita vissuta è un tema che ricorre sempre nei tuoi scritti, una società che tende a dimenticare è un pericoloso segnale. Quanto è invece essenziale per te narrare ciò che i tuoi occhi hanno visto?
Cara Daniela, io ho una memoria molto ricca perché oltre ai miei personali ricordi di una vita ho quelli che mi sono stati narrati e trasmessi dalla mia famiglia. Sono l’ultima di sette figli, nata dopo dieci anni dal penultimo, e se consideri che mia madre è nata nel 1908 e mio padre nel 1905 posso dire di avere più di un secolo di storia dentro di me. Una ricchezza enorme che sento il bisogno di trasmettere agli altri, soprattutto in questo periodo storico che stiamo vivendo in cui, mi sembra, ci sentiamo tutti un po’ smarriti. Il passato non può e non deve tornare, ma penso che possa insegnarci molto.
Da quale intima urgenza parti per fermare i dettagli che più ti stanno a cuore?
I ricordi, con i loro dettagli, sono il mio più grande patrimonio a cui mi sono aggrappata fin da bambina. Quando fù pubblicato Eravamo tanto ricchi, molti amici e persone del mio quartiere mi domandavano come avessi fatto a ricordare, con dovizia di particolari, personaggi e situazioni che a loro erano ritornati alla memoria solo leggendomi. A me sembrava normale ma, grazie a questa domanda, ho capito quanto sia stato importante e salvifico cristallizzare i miei primi ricordi. Ho perso mia madre quando avevo sei anni e quei ricordi mi hanno aiutato a vivere. Un’abitudine che mi è rimasta per sempre.
La tua vita è stata più di lotte o più d’amore?
Ho lottato tanto, innanzitutto contro il dolore e contro le avversità che non mi sono mancate, ma è stato proprio l’amore, quell’amore che mia madre mi aveva lasciato, che ha caratterizzato la mia lotta e la mia vita.
Quanto rumore fa la memoria che urla per venir fuori?
Io credo che siamo fortunati quando fa molto rumore, perché così siamo costretti ad ascoltarla, a guardarla, a prendercene cura e trasformarla in ricchezza. La mia scrittura spesso è catartica, ma in questo romanzo ho narrato anche storie che non mi sono appartenute direttamente ma che ho conosciuto e mi sono rimaste dentro.Ma mi sono divertita a inventare personaggi e situazioni pur raccontando verità.
Il romanzo è attualmente nel pieno della promozione. Cosa vorresti che venisse messo in evidenza durante gli incontri col pubblico?
Io vorrei che questo mio scritto suscitasse riflessioni e confronti sui valori che hanno rappresentato le fondamenta di quelli della mia generazione. La famiglia, l’appartenenza alla comunità, la partecipazione, le relazioni autentiche, la condivisione e la solidarietà; cose che oggi sembrano svanire ma in cui credo, e penso che valga la pena recuperare.
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