Diamo voce alle vittime, non ai carnefici: intervista a Serena Lamberti

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di Eliana Iuorio

429720_10200207771651320_993297829_nSerena Lamberti è una mia amica.
Una ragazza forte, fortissima, sebbene l’apparenza possa farla apparire fragile.
Serena ha lottato per anni, affinchè la Memoria di sua sorella Simonetta non fosse persa; affinchè questa bambina di appena undici anni, potesse avere Giustizia.
Perchè Simonetta vanta il primo, straziante primato, di essere la prima bimba vittima innocente di camorra, nel nostro Paese.
Anche Serena, come tanti in questi ultimi tempi, ha subìto la presenza quasi quotidiana di un collaboratore di giustizia in tv, chiamato a pontificare su qualsiasi tema, intorno all’argomento “camorra”.
Partendo, dalla “Terra dei fuochi”, per finire sull’indagine antropologico-criminale relativa agli “pseudo codici” utilizzati dai camorristi nel loro agire; quegli stessi “pseudo codici” che imporrebbero ad un uomo del clan di “non toccare le donne” e/o “non toccare i bambini”.
Ma Serena non ci sta. Ci scriviamo.
Lei accetta un’intervista.

Serena, il sig. Schiavone Carmine, in una recente intervista per la tv, invitato come opinionista sul caso del piccolo Cocò (il bambino ammazzato recentemente in Calabria, insieme al nonno), ha affermato che la camorra non tocca i bambini. Ma tu hai perso una sorella: Simonetta; una vittima innocente, per mano della camorra

Sì, Eliana. Malgrado questo signore giuri e spergiuri che secondo il loro “codice etico” i camorristi non ammazzino bambini, la morte tragica di mia sorella, come quella di Annalisa Durante, Fabio de Pandi e purtroppo tanti altri ancora, di fatto dimostra che la realtà è ben diversa dalle fantasie di questo mitomane. E ciò che fa più rabbia e provoca ulteriore dolore oltre quello già immenso che proviamo tutti noi familiari di vittime di camorra (e delle mafie in generale), è sentir parlare un simile soggetto in tv, alla radio: ovunque. Un assassino, perché questo è stato e tutti lo sappiamo bene, che del pentimento non ne ha mai voluto parlare, anzi, nemmeno ne conosce il significato.

Pensi che dare parola a questa persona attraverso i media, aiuti, il pensiero e l’opera antimafia?

Concedere la parola ad una persona con questo passato, rischia di deviare un giovane ragazzo con un modello sbagliato, pericoloso: cioè si continua a parlare, far parlare e dare notorietà ai delinquenti portandoli ad un livello addirittura superiore, rispetto a quello – già pericoloso – attribuito loro dalle fiction realizzate sulle vite e le “gesta” dei capi delle mafie. Dico “un livello di pericolosità superiore”, perchè  un giovane uomo in cerca della sua strada e di punti di riferimento nell’età più “delicata” della propria crescita, di fronte a questo “carosello”, potrebbe iniziare a pensare tra se’, che iniziando un certo percorso di matrice criminale (apparendogli erroneamente come il mezzo più facile e più rapido, per arrivare alla ricchezza e al potere), non solo arriveranno un giorno a realizzare fiction, serie tv, film su di lui, ma che addirittura anche se diventa un assassino, poco importa se viene assicurato alla Giustizia; basta che decida di collaborare, per poi potersi ritrovare osannato in televisione, ospite in tutti i programmi televisivi in prima serata, nazionali e locali. Al di là della pericolosità sociale di queste continue apparizioni di cui dicevo, il problema sta anche nel messaggio stesso che viene dato.

Come dici, sembra che si faccia più attenzione ai criminali, che alle vittime. Tu hai portato avanti faticosamente, la battaglia per la memoria di Simonetta, affinchè fosse fatta Giustizia.
Qual è, il tuo messaggio, verso chi tradisce, quest’opera di Memoria e tradisce la Verità?

Per me, chi compie questo sacrilegio dovrebbe cadere nell’indifferenza generale: gli assassini non dovrebbero continuare ad essere al centro dell’attenzione, è su di loro che dovrebbe piombare il silenzio ed è in questo silenzio “tombale” che dovrebbero rimanere isolati. Chi dovrebbe essere ricordato non è il carnefice, ma le loro vittime innocenti, le vite spezzate di uomini, donne e bambini del cui sangue si sono macchiati. Sono questi nomi, queste vite, il loro ricordo a dover essere conosciuti anche attraverso i racconti dei propri familiari! Questi Nomi dovrebbero essere continuamente ripetuti, a voce alta, da un programma all’altro, dal nord al sud, sempre e ovunque, perchè è così che possono continuare a vivere: attraverso la memoria e l’impegno costante. Questi, sono e dovrebbero essere i modelli, gli “esempi positivi” per i più giovani: persone, famiglie intere a cui è stato tolto tutto, esistenze spezzate nel momento in cui un proiettile colpisce un loro caro che hanno dovuto andare avanti lo stesso: sopravvivere, rialzarsi e ricominciare pur portando dentro di se’ un’enorme, profonda ferita indelebile, che nemmeno il tempo è in grado di curare. Persone che hanno trasformato il dolore, in impegno sociale.

Ecco perchè mi sono sentita violentata da quelle parole e calpestata, maltrattata: come se avessi visto stracciata la memoria di mia sorella, come l’avessero uccisa ancora una volta.
Mi sono sentita stuprata. So, che può sembrare dall’esterno un termine forte, ma e’ quello che più rende l’idea di ciò che si prova.
Perche’ dobbiamo continuare a subire qst ingiustizie? Io e tutti – tutti! – i familiari delle vittime innocenti, oltre al peso insopportabile del dolore enorme che ci porteremo per tutta la vita ed al quale cerchiamo di dare un senso  impegnandoci con l’Associazione Libera, ci rechiamo nelle scuole, per portare la nostra testimonianza non solo perchè attraverso di essa ridiamo voce a chi non l’ha più, ma anche per dare stimoli, per offrire un modello educativo, per dare speranza a chi ci ascolta! Sono dell’idea che la camorra, la mafia, ndrangheta non sono invincibili: noi siamo di più! E’ da noi stessi, dai nostri comportamenti nella vita di tutti i giorni, che dipende la loro sconfitta.
Ma tutti i nostri propositi, il nostro impegno viene reso vano ad ogni “comparsata” dello Schiavone di turno: ad ogni singola parola che gli viene concessa. Dico: se oltre a Schiavone venisse data la parola ad una controparte, che sia un giudice, un avvocato di parte civile, una vittima, io credo che l’effetto sarebbe diverso: meno devastante, meno pericoloso rispetto a quello che si rischia dando al carnefice il “monopolio” della parola. Ecco perchè un argomento così delicato, come l’omicidio di un bambino va trattato quantomeno con un minimo di sensibilità. Ci vuole rispetto: per chi ascolta, per la vita delle persone, per il dolore altrui.