In pochi giorni nel nostro Paese sono avvenuti ben tre gravissimi episodi di inaudita violenza. A Colleferro dei giovani energumeni hanno ucciso un ragazzo con pugni e calci solo perché voleva evitare che un suo amico venisse picchiato. Si era semplicemente limitato a separare i contendenti. A Pisticci due quindicenni sono state stuprate da un “branco” composto da una decina di uomini. Infine, a Caivano, il fratello di una donna ha provocato la morte della stessa perché né lui, né la sua famiglia accettavano la sua relazione con un ragazzo trans.
Difendere gli orientamenti sessuali
di Vincenzo Vacca.
Ogni volta che succedono queste cose, scatta immediatamente la richiesta che vengano applicate pene detentive severissime. Qualcuno va anche più in là, chiedendo “pene di morte”.
Certamente è più che giusto che i responsabili di questi atti ignominiosi paghino severamente per le loro azioni, ma occorre anche e soprattutto una seria riflessione del perché nella nostra società alligni tanta violenza. Sicuramente gli episodi che ho ricordato sono avvenuti in contesti e per motivazioni diverse per ognuno di essi, ma rappresentano comunque un fallimento complessivo di una comunità quale noi dovremmo essere e che non riesce a debellare sul nascere il virus della violenza. Non riesce a diffondere nel profondo del tessuto civile il rispetto per tutti gli esseri umani, ovvero riconoscere l'”altro” da noi. Un “altro” che di fatto viene vissuto solo o come un ostacolo alla nostra insana soggettività o come uno strumento di un malato appagamento sessuale. Una malintesa sessualità intesa come dominio, sopraffazione e non come libera e gioiosa trasmissione di amore. Amore che proprio perché genuino può e deve essere liberamente vissuto anche con caratteristiche non eterosessuali.
Diciamolo francamente: ancora tanti giudicano male gli orientamenti sessuali diversi da quelli che vengono considerati “normali”. Se dei ragazzi denigrano (o fanno di peggio) dei loro coetanei per le loro scelte sessuali è perché hanno ascoltato sistematicamente nelle proprie famiglie e in ambienti extra familiari tanti adulti che stigmatizzano le persone LGBT.
Si assumono questi atteggiamenti censori, fondamentalmente, perché si ha timore che l’ eterosessualità non sia poi così sicura, così garantita. Temere che le persone omosessuali o trasgender possano esprimere il proprio orientamento liberamente, facendo anche famiglia se vogliono in modo altrettanto legittimo e riconosciuto delle persone eterosessuali, significa, per chi teme gli LGBT, ritenere che l’eterosessualità sia molto meno forte di quanto vorrebbero farci credere. La paura è quella di diventare un LGBT, per cui basta vedere che è possibile esserlo senza essere condannati che allora anche un eterosessuale potrebbe iniziare ad avere un orientamento sessuale diverso.
Un riconoscimento vero e diffuso della libertà sessuale nelle sue varie forme non passa solo per una legge che punisca l’omofobia e la transfobia, pur essendo assolutamente necessaria. Rimette in discussione gli assetti che abbiamo tradizionalmente costruito per la nostra società, la quale, quindi, anche alla luce delle delicate tematiche che ho provato a descrivere, va ripensata per garantire la piena espressione, in tutti i suoi ambiti, degli esseri umani.
Per quanto riguarda la legge a cui accennavo, il legislatore deve accelerare i tempi per la sua approvazione sia per evitare nel futuro qualsiasi tipo di violenza e di discriminazione, sia perché il dibattito parlamentare, in quanto tale, innescherebbe anche una riflessione tra l’opinione pubblica. Consentirebbe il confronto tra posizioni diverse illuminando con le giuste parole tutte le difficoltà e i drammi a cui vanno incontro le persone che non vogliono rinunciare al proprio orientamento sessuale. In qualche modo, la discussione pubblica e politica inquadrerebbe meglio le tematiche in questione e potrebbe farne venir meno qualche pregiudizio. Come noto, i pregiudizi nascono quasi sempre su una errata interpretazione degli accadimenti della vita.
Inoltre, l’approvazione della legge avrebbe un effetto pedagogico, in quanto diffonderebbe opportunamente l’idea che un LGBT ha una sua dignità al pari di chiunque. Quindi, non va non solo discriminato, ma non va neanche offeso, perché se si ritiene che possa essere facilmente offeso, viene spianata la strada alla violenza fisica nei suoi confronti.
Al di là di quanto scritto fino ad ora, rimane la questione a cui ho accennato all’inizio, ovvero il diffuso ricorso alla violenza. Oltre ai tre eclatanti casi che ho menzionati, ne sono avvenuti tanti che hanno avuto una minore attenzione mediatica, ma questo non impedisce di poter parlare di una preoccupante degenerazione che dovrebbe allarmare tutti, a partire dalle Istituzioni, ma non solo.
Come cittadini dovremmo fare molta attenzione alle parole che usiamo, soprattutto in presenza di giovani e giovanissimi. In particolare, mi riferisco a quello che si scrive sui social, diventati spazi in cui gli odiatori la fanno da padroni. Il fatto che l’interlocutore non è davanti ai loro occhi, i fomentatori di odio e di disprezzo si comportano come se si sentissero “liberi” di dare pieno sfogo alla loro rabbia.
Il tutto è acuito dal fatto che i luoghi tradizionali produttori di senso, nei quali nel passato le persone si incontravano, sono quasi tutti spariti o in via di estinzione.
Anche questo fenomeno è una grande questione per la quale occorre focalizzare l’attenzione di tutti.