Le mani dei Casalesi sono arrivate fino a Chiaiano. Al termine di una lunga serie di indagini, iniziate nel 2008 e proseguite nel 2010, i carabinieri del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Caserta hanno emesso 17 ordinanze di custodia cautelare, 8 in carcere e 9 arresti domiciliari nei confronti di imprenditori e pubblici funzionari che avrebbero consentito ai Casalesi di utilizzare i lavori nella discarica di Chiaiano come specchietto per le allodole dei loro illeciti.
Grazie a false attestazioni redatte da funzionari pubblici corrotti, infatti, i Casalesi avrebbero proseguito all’interno della discarica lavori non autorizzati, conseguendone profitti illeciti. Le due società nel mirino sono la Ibi drobioimpianti spa e la Edilcar, entrambe riconducibili ad alcuni degli indagati. In particolare tra gli arrestati spunta il nome dell’imprenditore Giuseppe Carandente Tartaglia, legato a vari clan camorristici e in particolare alla fazione Zagaria dei Casalesi comandata da Pasquale e Michele Zagaria, il boss arrestato nel dicembre 2011.
L’illecito sarebbe stato possibile grazie alla “copertura” della Fibe – Fisia, l’associazione temporanea di imprese che durante l’emergenza rifiuti in Campania si aggiudicò l’appalto per la costruzione di 7 impianti di produzione di combustibile derivato dai rifiuti, di 2 inceneritori e di diverse discariche nella Regione Campania: la Fibe infatti avrebbe subappaltato molti dei suoi incarichi alla “collusa” Ibi Idroimpianti di Carandente, tra cui in particolare 63 contratti per il trasporto e il movimento a terra dei rifiuti. Così l’imprenditore legato agli Zagaria riusciva a sottrarre una parte delle risorse destinate ai lavori presi in consegna dalla Fibe per utilizzarle nei traffici illeciti dei Casalesi. Questo legame avrebbe consentito agli Zagaria di entrare a pieno titolo nelle attività imprenditoriali del settore, facendo di Carandente il longa manus, la propria interfaccia nei confronti della pubblica amministrazione.
Non cala quindi l’interesse della camorra nei confronti di un settore che si conferma nuovamente come il più redditizio: quello del traffico dei rifiuti. Ce n’è quanto basta per riaccendere la polemica su una discarica, quella di Chiaiano, la cui costruzione fu all’epoca fortemente osteggiata dai cittadini, che alla fine riuscirono ad ottenerne la chiusura anticipata, nel 2011, che diede avvio alle prime indagini. Non soltanto perché la discarica di Cava del Poligono si trovava in un’area densamente abitata e a ridosso della zona ospedaliera, ma anche perché era forte in molti il sospetto che la camorra potesse mettere le mani anche lì, perseguendo i propri interessi a danno della salute dei cittadini e in violazione alla normativa ambientale. Come difatti è accaduto: i carabinieri di Caserta infatti hanno accertato anche la presenza di irregolarità nei lavori per la realizzazione dell’invaso, che sono stati effettuati in difformità con il progetto approvato, utilizzando tecniche di impermeabilizzazione non conformi alle normative standard e materiale non idoneo allo scopo, come materiale di risulta proveniente dai cantieri edilizi e fatto passare per terreno. Così, i Casalesi si assicuravano un doppio guadagno: da un lato risparmiando sull’acquisto dei materiali adatti al modellamento della discarica, dall’altra “riciclando” rifiuti speciali non pericolosi che avrebbero dovuto essere smaltiti e venivano invece reimpiegati nei lavori di costruzione della discarica, rendendo concreto il rischio di avvelenamento della falda acquifera sottostante e rappresentando quindi un pericolo per le 250mila persone che vivono a Chiaiano. Un verdetto che dà ragione a tutti quei cittadini che in 4 anni di proteste non si sono mai arresi, continuando a lottare per tutelare le loro vite.
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