di Dario Garofalo
Napoli, 1980, a Piazza Principe Umberto è un sabato mattina come tanti. La signora Maria esce di casa per andare a fare la spesa, il marito le ha dato ventimila lire dalle quali avanzerà qualcosa anche per una maglia nuova al figlio. Il cielo è limpido e la primavera rende piacevole la passeggiata all’interno della piazza, cominciano a spuntare le margherite.
Il Tram passeggia pigramente con il suo carico di passeggeri, non c’è molto traffico in quanto pochi lavorano durante il fine settimana, sotto la fermata, si discute degli argomenti più disparati, dalla politica al campionato di calcio.
Piazza Principe Umberto, 2013: una massa multicolore viva si muove inerpicando un budello umano fatto del via vai delle persone, a terra dei teli con delle bancarelle “arrangiate” piene di oggetti di seconda mano e dubbia provenienza, un turbinio multietnico fatto di mani veloci, tonalità alte, odore pesante ed occhiate fugaci.
Si discute sui prezzi, si spintona, gli sguardi saettano dalla mercanzia al volto accanto, alcuni uomini agli angoli della piazza sembrano tenere d’occhio non si sa cosa, finché non giungono due carabinieri che cominciano a smantellare con le buone il mercato allestito mostrando l’utilità dei teli. Con mani leste, gli improvvisati commercianti riescono a fare un fagotto ed avviarsi celermente fra gli alberi circostanti o nei vicoli adiacenti, nessuno si oppone, annuiscono, sorridono, poi vanno via. Almeno per un po’. Fino a quando i carabinieri non vanno via.
Abbandonando quello che resta: Carte, stracci, rifiuti alimentari che poco si riesce a distinguere dalla “mercanzia” esposta.
La piazza versa in un degrado sociale, morale, urbano senza precedenti, invece della signora Maria che saluta il fruttivendolo oggi ci ritroviamo una donna di età tarda e dubbi costumi che ride alla battuta di due rom con una bottiglia di birra fra le mani.
Documentare i fatti si può, è suolo pubblico, ma nella pratica vieni adocchiato ed inseguito, e se non sei lesto a defilarti chissà cosa rischi. A quanto pare ai promotori dell’immigrazione spregiudicata manca un po’ il polso della strada, formano la loro coscienza fra testi giuridici e youtube, in barba a quegli immigrati regolari che lavorano onestamente e vengono spremuti fino all’ultimo centesimo dallo stato, di quelli si, si parla, ma non tanto.
Piuttosto sono loro la risorsa, la nuova Napoli, a noi non resta che prendere per mano i valori democratici occidentali ed andare a passeggio sorridendo sulle sponde dello Stige.
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