Dopo la lieve ripresa dei mesi estivi e dell’autunno a dicembre torna a calare il tasso di occupazione in Italia, aumentano gli inattivi e il tasso di disoccupazione risale al 9% con quella giovanile che schizza al 29,7%. Nel solo mese di dicembre vanno in fumo circa 100 mila posti, e colpisce che in massima parte a farne le spese sono le donne, con 99 mila occupati in meno su 101 mila, mentre su base annua si perdono 444 mila unità lavorative. A fornire il quadro è come sempre l’Istat che mette in luce anche la forte caduta del lavoro autonomo che vede scomparire 79 mila posti.
Nel dettaglio l’Istat sottolinea che il calo dell’occupazione coinvolge le donne, i lavoratori sia dipendenti sia autonomi e caratterizza tutte le classi d’età, con l’unica eccezione degli ultracinquantenni che mostrano una crescita. Sostanzialmente stabile, invece, la componente maschile. Nel complesso il tasso di occupazione scende al 58%, in calo di 0,2 punti percentuali. Nel trimestre calano le persone in cerca di occupazione (-5,6%, pari a -137mila) e aumentano gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+0,1%, pari a +17mila unità).
Dati che preoccupano sindacati e categorie. Dice la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan. “I dati Istat parlano chiaro: più disoccupazione, soprattutto femminile e giovanile, e tanti autonomi che chiudono, tanti piccoli negozi come imprese piccole di tutti i settori. Noi abbiamo bisogno di rilanciare l’economia del Paese. L’occasione del Recovery Plan è straordinaria”, aggiunge la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti.
“Sono dati che non sorprendono e purtroppo evidenziano un rischio sempre più imminente: se a primavera non verrà prorogato il blocco dei licenziamenti saremo di fronte a una vera e propria bomba sociale”. E conclude la segretaria confederale Uil Ivana Veronese: “Ciò che è più preoccupante è il massiccio numero di inattivi molti dei quali scoraggiati dalla difficile ricerca di un lavoro. E l’effetto pandemia si sta abbattendo con maggior virulenza su giovani e donne, quelli su cui gravano maggiormente contratti instabili”.
Anche Confcommercio legge i dati come un segnale di una difficile ripresa: “Non sorprende l’interruzione a dicembre del processo di graduale recupero dei livelli occupazionali iniziato in estate. Le restrizioni allo svolgimento di molte attività hanno pienamente manifestato gli effetti sul mercato del lavoro in un mese in cui l’avvio della stagione invernale e le festività di fine anno generano occasioni per i lavoratori stagionali. Si sono persi la metà dei posti di lavoro creati tra luglio e novembre e il valore assoluto della riduzione, se si prescinde da marzo e aprile 2020, è il più grave da gennaio 2013”.
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