Lunedì 10 luglio, Palermo, Istituto Comprensivo Giovanni Falcone, nel quartiere Zen, è stata decapitata la statua dedicata al magistrato e con essa, modello ariete, hanno tentato di entrare nell’Istituto.
Un evidente tentativo di vandalizzare non un’istituzione, la scuola, ma un’idea di cui la scuola si fa decisamente portavoce, lottare contro la mafia.
Un tentativo riuscito solo apparentemente, la distruzione della statua, ma che non ha scalfito l’idea guida delle persone oneste che costruiscono, e non smetteranno, tra i giovani la certezza di una realtà libera dalla violenza e dalla costrizione mafiosa.
La forza dei simboli non è nella loro consistenza fisica, ma nella loro interiorizzazione. Potranno essere distrutte e maltrattate le statue, arse le fotografie, ma ciò che esse rappresentano continuerà ad esistere e rinnovarsi.
Ahimè, questo può valere anche per i simboli negativi, certo, ma una differenza c’è e non è di poca consistenza.
I simboli del male, quelli che ricordano il male perpetrato e subito, non abbandonano mai il loro bagaglio di male e di dolore; i simboli del bene, al contrario, associano sempre la loro presenza all’onestà e alla giustizia.
Mentre per i simboli del male pochi sono quelli che si ergono in difesa e molto spesso senza capo né coda, i simboli del bene scuotono la sensibilità delle masse e a tutti suscitano risentimento e desiderio di ricominciare, anzi, di continuare l’insegnamento della persona che il simbolo rappresenta. I simboli del bene, ricostruiti, si ergono più forti sulle macerie di chi ha provato a offuscarli, quelli del male riescono solo a rendersi ridicoli.
Come disse proprio Giovanni Falcone “Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”.
Le persone e le loro idee, non sono chiuse in una statua, il loro spirito è libero e si trasmette in modi sottili ed efficaci, entra nel pensiero e nel cuore delle persone e le rende libere nella loro scelta di vivere con dignità e onestà anche le difficoltà del quotidiano.
Per chi ama le favole, narra Oscar Wilde nella sua favola “Il Principe Felice” di una statua del Principe che vegliava e vigilava sul suo regno abbandonato alla sua morte nelle mani di un indegno governante. Grazie all’aiuto di un piccolo uccello, il Principe, attraverso la statua, riesce ad aiutare i suoi concittadini. La statua è immobile, ma il suo spirito veglia e agisce grazie alla più mite e fragile delle creature viventi. La favola, come sempre in Wilde, ha un doppio finale, esaurito il suo compito, brutta e spoglia, la statua viene gettata via; qui interviene il secondo finale, quello reale ed esaustivo, quello che dà forza e speranza e coraggio a ciascuno: il Principe e l’uccellino vengono condotti nel luogo della salvezza eterna. Il loro bene resta, non svanisce, nonostante entrambi non ci siano più.
Ecco, il terribile evento lesivo verso la statua di Giovanni Falcone, non può e non deve distruggere la nostra azione quotidiana; dobbiamo essere quelle gambe su cui quegli ideali camminano ancora… come le ali del povero uccellino che divennero strumento di soccorso per chi non ne aveva.
Ecco, può dispiacere, indignare, il gesto contro la statua di Falcone, possono bruciarne miliardi di foto, ma le sue idee di onestà e giustizia, di coraggio e passione per la verità fino
alla morte, non usciranno mai dal nostro pensiero e mai il nostro sguardo sarà meno lucidamente puro.
di Loredana De Vita