Do you speak English? Quando all’italiano medio non piace imparare

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di Maria Stella Rossi

 

Lo ammetto. In questa settimana ho pensato tanto a cosa scrivere per Acida Mente, ma più ci pensavo e più non mi veniva nulla. In questi giorni ci sono stati così tanti spunti che, tra un esame universitario e l’altro, non riuscivo proprio a decidermi. Era come essere in un trip: vedevo persone vomitare cavolate ovunque e io, sorpresa dal grado di stupidità raggiunto dal genere umano, vorticavo tra muri colorati e musica grunge di sottofondo.

E poi, finalmente, l’illuminazione: il discorso di Matteo Salvini a Bergamo! Solo che poco dopo mi sono detta: “non avevo promesso a me stessa di mantenere la rubrica su temi leggeri?” perché parliamoci chiaro, sono anni ormai che la politica, i politici e le loro intelligentissime (cogliere l’ironia, prego) fisime ci hanno frantumato i *censura*, e pensante un po’, chi vi parla è una che sta per laurearsi in Scienze Politiche.

Quindi, come avrete ben capito, ho scartato anche questa ipotesi riprendendo a dare testate al muro alla ricerca di qualcosa… di qualunque cosa! Ma niente, più mi scervellavo e più l’idea sembrava non voler arrivare, fino a quando in una fredda mattina di metà dicembre ho letto sull’Huffinton Post Italia che laurearsi, ormai, non serve più a nulla. E da lì il mio cervello ha iniziato a macchinare, tra una indignazione e l’altra, arrivando anche a ricordare che in Irlanda il Governo ha pensato bene di inviare ad una fetta di disoccupati una lettera in cui suggeriva candidamente di emigrare in posti più felici e floridi.

No, tranquilli, non voglio parlarvi né di lauree (l’articolo letto al riguardo mi ha fatto capire che ormai siamo un Paese senza speranze, dove chi va avanti è solo l’analfabeta ignorante) e né di espatri vari (fino alla fine ci toccherà andare via, quindi…). Il tema scelto per questa settimana è: l’inglese.

Sì, avete letto bene, l’inglese, English, l’anglais, o come caspita vi pare a voi. La lingua universale per eccellenza, una delle più diffuse al mondo che, puntualmente, in Italia viene snobbata/ignorata/considerata poco importante. Fate attenzione però, il discorso avrà, sì, come protagonista l’inglese, ma la rotta è su tutt’altro punto!

Adesso, io non dico di essere una cima, di parlarlo perfettamente quanto un bilingue o simili, ma per lo meno mi do da fare perché sono cosciente del fatto che saperlo non è importante, ma VITALE. Soprattutto se si decide di trasferirsi all’estero e cambiare vita. Ops, scusate, non era mia intenzione alludere all’emigrazione!

Quello che però mi fa innervosire è la sufficienza con cui gli adulti, gli adolescenti e i bambini guardano all’inglese, senza capire quanto sia necessario avere delle basi per lo meno solide, di partecipare attivamente a dei laboratori di lingua o guardare film, telefilm e programmi televisivi senza il doppiaggio!

Invece, ogni sacrosanto giorno, sento o leggo cose del tipo “quando lo trasmetteranno in Italia in italiano questo film/telefilm?” ignorando totalmente che il doppiaggio lo facciamo solo noi! All’estero ti ridono in faccia se proponi di doppiare qualcosa e non parlo per sentito dire, ma perché l’ho visto con i miei occhi! Si doppiano poche cose nel resto del mondo, in Italia invece di tutto e di più, anche le pubblicità!

Con questo non voglio togliere il merito ai nostri doppiatori, che sono bravissimi, per carità, ma delle volte mi farebbe piacere vedere in televisione qualcosa mantenuto in lingua originale, perché sia di significato, che di sostanza, rende molto di più.

Molto spesso arriviamo a chiederci durante i nostri viaggi: “wow, ma come fanno all’estero a sapere così bene l’inglese?” beh, che ci crediate o meno a scuola lo pongono come una materia di primaria importanza e la televisione aiuta molto e non viene usata solo per schifosi programmi da quattro soldi. Però, non appena si torna a casa e si legge di qualcuno che ha assurdamente proposto di seguire lo stesso esempio, magari, dei Paesi scandinavi dove l’inglese è parlato fluentemente, scoppia il putiferio.

Siamo in Italia, mica all’estero!” “Che palle, ma chi se ne frega se è in inglese, io parlo italiano e la voglio doppiata questa cosa!” “No, ma davvero tu guardi le cose in streaming in inglese? Ma sei pazzo? Tanto tra qualche mese arriva qui già doppiata in italiano!” e via a dimostrare livelli di ignoranza sempre più bassi, oltre il limite consentito.

Sembra quasi che in questo Paese uno debba vergognarsi di sapere almeno un po’ di inglese. Di contro invece chi non lo sa, oltre a vantarsene (poi magari dimostra anche una profonda ignoranza dell’italiano) arriva anche a dire che le uniche parole che conosce sono “hello” (pronunciato “ellò”) e “thank you” (che diventa magicamente “tenchiù” o “denghiù”).

È così assurdo desiderare uscire dalla mediocrità dell’italiano medio, cominciando a guardare all’inglese come un qualcosa che possa migliorarci sia dal punto di vista culturale che dal punto di vista lavorativo? In molti non lo sanno, ma anche solo parlare per cinque minuti con una persona che vive dall’altra parte del mondo ti arricchisce in una maniera sorprendente.

Non penso sia un discorso folle. Come avrete (spero) capito l’inglese è solo un esempio per portare a galla un fenomeno sociale stupido e degradante, che purtroppo si sta estendendo a macchia d’olio: preferire rintanarsi nell’ignoranza, piuttosto che aprire un libro e imparare.

Se la scuola non forma come dovrebbe a causa di tutti i tagli fatti, allora deve essere il cittadino a desiderare di migliorarsi, a doversi convincere del fatto che sapere è bello e chi ti definisce un nerd o, in italiano, un secchione, è perché probabilmente è conscio della sua ignoranza e se ne vergogna così tanto da dover sminuire te, che sei assetato di conoscenza. Al giorno d’oggi, con internet e i libri, non si hanno più scuse. Nessuno può più dire “non ho i mezzi”, perché i mezzi ci sono, basta solo usarli con intelligenza e accortezza.

Però forse queste sono e resteranno solo parole al vento, perché quando si tratta del microcosmo Italia non c’è discorso che tenga. L’italiano medio è rintanato nelle proprie popolane convinzioni, l’inglese (posto sempre come esempio emblema del mio discorso) è considerato un di più che “solo agli stupidi secchioni a cui piace studiare” può tornare utile. E qui mi viene da ridere, soprattutto quando all’estero crediamo di poterci tranquillamente far capire a gesti.

Tutto ciò, invece, non fa altro che aumentare gli stereotipi sugli italiani e l’ilarità nei nostri confronti. Siamo i giullari di corte del mondo, gli scemi del villaggio globale e quando decideremo di toglierci di dosso questa patina di ignoranza sarà sempre troppo tardi, guardando come degli allocchi ad un altro fenomeno, quello dei cervelli in fuga.

All’Italia, del resto, è sempre piaciuto essere l’ultima ruota del carro.

 

15:42
22 dicembre 2013