Il bastone da passeggio, ritratti, lettere, le celebri caricature, i dischi originali, la sua voce immortale che accoglie i visitatori, da un grammofono d’inizio ‘900: l’indirizzo destinato a divenire cult è via Santi Giovanni e Paolo 7, primo piano, nel popolare quartiere napoletano dell’Arenaccia. A cento anni esatti dalla morte, la casa natale di Enrico Caruso, il tenorissimo che fu anche la prima icona pop italiana nel mondo, diventa un museo grazie all’iniziativa, tutta privata, di tre appassionati partenopei: Armando Jossa, Raffaele Reale e Gaetano Bonelli.
In un anno ricco di celebrazioni a Napoli e non solo, si è avverato un ‘miracolo laico’, come lo definiscono gli artefici dell’impresa, inseguito da tempo e realizzato con l’apporto della famiglia Caruso, dello storico Guido D’Onofrio e di Aldo Mancusi, che ha destinato alla Casa Museo svariati reperti, degli oltre cento in totale esposti, provenienti dall’Enrico Caruso Museum of America di Brooklyn. E naturalmente grazie al commerciante Lello Reale, proprietario dell’appartamento oggi restaurato, 45 mq, dove è possibile curiosare tra memorabilia (c’è anche l’elegante biancheria di lino con le iniziali) programmi di sala, locandine, cimeli.
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