Facebook compie 17 anni, il compleanno della piattaforma che ha cambiato il mondo

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di Bruno Marra.

Oggi Facebook compie 17 anni. Non è ancora maggiorenne ma è diventato da tempo un gigante. La piattaforma che ha segnato la nuova epoca tecnologica si iscrive nella lista delle invenzioni che hanno cambiato la Società dal dopoguerra a oggi.

Il 4 febbraio del 2004 era di mercoledì quando Mark Zuckerberg, un giovanotto appassionato di informatica con la faccia da “Nerd”, fondò un pioneristico social network. Insieme a lui in una stanza dello storico College di Harward c’erano i suoi tre sociamici. In tutto erano quattro, come i “quattro amici al bar” di Gino Paoli, che volevano cambiare il mondo. Ed il mondo l’hanno davvero cambiato.

Da quel 4 febbraio di 17 fa la nostra vita non è stata più la stessa. Dallo start up di Facebook è come fosse trascorso un Secolo per l’evoluzione (o involuzione) della comunicazione planetaria.

Facebook nasce con l’idea di dare la possibilità a ciascuna persona di creare una specie di diario pubblico, come quelli che un tempo si tenevano gelosamente nel cassetto. Una agenda privata da poter a piacimento condividere con uno o più amici. Il nome tradotto “faccia-libro” offre una opzione in più rispetto agli antesignani “blog”, quella di poter pubblicare foto e spaccati di vita anche in immagini e video.

In realtà Facebook all’inizio è interpretato come uno strumento di nicchia, anche un po’ elitario, per scrittori e intellettuali che avevano già dimestichezza con internet e che pubblicizzavano i propri libri e le opere in commercio. In buona sostanza si era di fronte ad canale tematico che agli albori assunse una funzione soprattutto di propaganda e marketing.

Un mezzo inizialmente usato soprattutto negli Stati Uniti, Australia e nelle Nazioni orientali già sviluppate sotto il profilo tecnologico. In Italia la moda dei Social giunge anni dopo, così come in tutta Europa. Ed è lì che Facebook cambia identità, o meglio moltiplica le proprie funzionalità, almeno nell’emisfero continentale. Diviene un veicolo per conoscere persone nuove e per recuperare vecchie amicizie. Un enorme motore di ricerca umano più che commerciale che rende definitivamente Facebook quello che oggi tutti conoscono. Un immenso bacino “multitasking” che per molti versi ha soppiantato e sostituito il nostro modo di avvicinarci alla quotidiana interazione.

Facebook è assurto ad una sorta di “second life” una seconda vita che si è sovrapposta e ha fagocitato quella precedente. Uno schermo condiviso su cui si dialoga, ci si conosce, si litiga, ci si innamora, ci si sposa, si discute di massimi sistemi con lo stesso fervore con cui si discetta di una prelibata ricetta. Una dimensione virtuale dove si fa la rivoluzione, la pace e persino l’amore. E talvolta ci si ammazza pure. Un mare magnum nel quale si sviluppano correnti di pensiero, movimenti più o meno autorizzati, venti anarchici, così come strepitosi cicloni di quotidiana banalità. Un bacino “antropologico” al quale poter attingere a piene mani per avere preciso il quadro emotivo, politico, morale, sociale ed etico di una intera generazione. Una specie di scatola nera per capire oggi chi siamo.

Dalla costola di Facebook è poi nato un arcipelago di epigoni, capitanata da Twitter fino all’ultimo Tik Toc, fresco di censura.

Quello dei social, a distanza di anni, rimane un fenomeno che col tempo è sfuggito ad ogni regimentazione e che apre quotidianamente il dibattito filosofico su quali e quanti siano i benefici che hanno portato alla nostra qualità di vita, a fronte degli aspetti che ne vanno a decisamente detrimento. Compresa l’avversione al pensiero omologato, sintetizzata dalla frase lapidaria e già storica di Umberto Eco. “I social hanno dato diritto di parola a legione di imbecilli”.

Probabilmente Facebook non voleva arrivare a tanto, al punto che la degenerazione gli è esplosa tra le mani. Anche perché, dopo tanto lustro e miliardi guadagnati, Mark Zuckerberg ha candidamente confessato che l’idea del Social Network gli era venuta solamente per rimorchiare ragazze. Beata gioventù. Nerd sì, ma fesso no.