Intervenuto durante la trasmissione di Mario Giordano su Rete 4, il direttore di Libero Vittorio Feltri, ha attaccato ancora una volta i meridionali, sottolineando come per lui siano in alcuni casi “inferiori” ai settentrionali. La risposta cui più di tutte sentiamo di unirci è arrivata dallo scrittore napoletano Maurizio De Giovanni. (Guarda l’intervista esclusiva rilasciata a Road Tv Italia da MAURIZIO DE GIOVANNI (VIDEO)
Non è il fatto in sé.
Perché non si può impedire a qualcuno di suicidarsi professionalmente, orinando su una carriera che ha avuto momenti di gloria e rinunciando per sempre a quella minima credibilità che qualcuno ancora gli attribuiva.
Non si può impedire a qualcuno di fare il pulcinella (con la minuscola, per carità, la maschera ha ben altra dignità), prestandosi a una televisione spazzatura che è superata da decenni, col conduttore che finge divertita indignazione di fronte alle scomposte esternazioni ampiamente concordate in precedenza, che condivide pienamente senza il coraggio di esprimerle.
Non si può evitare che un cosiddetto esponente della (sub)cultura condivida una mentalità ottusa, antistorica, curvaiola e sostanzialmente illegale e la esprima senza alcun argomento e senza alcuna logica.
Non si può evitare che ancora qualcuno sia così masochista e sofferente da sintonizzarsi su canali televisivi ormai morti da tempo immemorabile in orario serale, mortificando se stesso e ogni desiderio di approfondimento.
Non si può evitare che qualcuno finga di ignorare che quello che ha espresso De Luca è tutt’altro che un atteggiamento antilombardo, ma solo una legittima preoccupazione per la scelta di aprire le attività come se non ci fossero ancora mille contagi al giorno, condannando di fatto a morte decine o centinaia di persone.
Non è il caso di specificare che esistono decine di posteggiatori abusivi che hanno una mentalità più aperta e moderna dell’incontinente esternatore, che nutrono la legittima ambizione di invecchiare molto meglio e di non attirare l’inorridita pietà di chi li ha conosciuti in tempi in cui erano più presenti a se stessi.
Non è il caso di ricordare che c’è una precisa ragione di ordine storico ed economico per quei quattordicimila malati che vanno a curarsi in Lombardia; che pagano, per farlo; che in grandissima parte a curarli sono sanitari meridionali, che a loro volta sono stati costretti ad andarsene per trovare lavoro.
Nemmeno vale la pena di ricordare, con un lungo brivido di terrore, che l’incontinente esternatore è stato il candidato alla presidenza della Repubblica di una parte politica in cambio difesa e sostenuta con un giornale pagato e mantenuto coi soldi (anche) dei vituperati, inferiori, ignobili meridionali.
Ma non è questo, il punto.
Il punto è che questo preteso sentimento antisettentrionale, CHE NON ESISTE, è immaginato a tavolino per distogliere l’attenzione da un clamoroso fallimento istituzionale che ha portato, pur potendo fruire della migliore sanità d’Europa e di nuovi fondi per centinaia di milioni di euro forniti dalle generose donazioni di un sistema economico ricchissimo, a quasi tredicimila morti oltre a una strage di imprecisata entità nelle case di riposo, dove per età l’incontinente esternatore avrebbe potuto benissimo risiedere.
Il punto è che è necessario che il cittadino (e l’elettore) lombardo non si chieda come sia potuto accadere, e non faccia due più due, e se la prenda invece col meridionale e con l’immigrato, brutto sporco e cattivo, perché nulla unisce quanto un comune nemico, e nulla distrae come un urlo disarticolato e scomposto di un folle.
Per cui, amici miei, quello che abbiamo davanti oggi non è un suicidio giornalistico o una boutade tra le tante per ottenere attenzione o becero consenso. E’ il sacrificio di un soldato mandato a morire per la causa. Un soldato, appunto sacrificabile.
Di cui provare compassione. Tanta umana compassione.