Si è tenuta lunedì 6 maggio, al Palazzo Arcivescovile di Viale Donnaregina, la conferenza stampa dei vescovi della Campania, presieduta dal Cardinale Crescenzio Sepe e indetta per comunicare, come Conferenza Episcopale Campana, le nuove norme per lo svolgimento delle feste religiose a carattere popolare.
La problematicità non è nuova ed è stata più volte oggetto di riflessione da parte dell’episcopato in una regione, come la Campania,ricca di feste popolari.
Preoccupa, in particolare, il rischio di una ingerenza malavitosa, che con fermezza la Chiesa condanna e respinge.
Tale ingerenza ovviamente può accadere nelle manifestazioni pubbliche ( processioni e feste …).
Spesso le feste popolari nella nostra regione hanno solo la parvenza del sacro; esse, svuotate del loro contenuto cristiano non rendono credibile la fede da parte dei lontani. Recentemente, le Istituzioni civili preposte alla cura dell’ordine pubblico hanno emesso direttive, volte ad evitare tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nelle feste popolari e religiose.
Si comprende che è molto sottile la linea di confine tra la manifestazione religiosa e i festeggiamenti civili.
I Vescovi ribadiscono che le feste religiose ( in particolare le processioni ) sono di esclusiva competenza e autorizzazione dell’autorità ecclesiastica , che coinvolge, in genere, la forza pubblica locale per il necessario servizio di vigilanza e sicurezza.
Il soggetto principale dell’organizzazione delle feste popolari deve essere il Consiglio pastorale parrocchiale.
Ecco dunque di seguito alcune delle indicazioni episcopali.
In primo luogo le feste popolari devono essere autorizzate dal Vescovo e preparate dal Consiglio pastorale parrocchiale che può avvalersi di un Comitato esterno, presieduto dal parroco e costituito da persone che si distinguono per impegno ecclesiale e onestà di vita.
Il Comitato non dovrebbe essere permanente ma restare. In carica per la sola celebrazione della festa.
Il momento ludico-esterno è un elemento importante della festa e non va staccato dal momento religioso,ma non è concepibile che la festa religiosa si riduca a manifestazione paganeggiante, soprattutto con sperpero di denaro.
L’equilibrio dei due poli della festa (quello celebrativo e quello ludico ) è frutto di sapiente dosaggio.
La festa sia preparata con un “novenario” o “settenario” o “triduo”, dando ampio spazio all’ ascolto della Parola di Dio, secondo un programma preparato dal Consiglio Pastorale Parrocchiale.
La processione è una espressione pubblica di fede. Perciò non è consentito lasciarla in balia dello spontaneismo, bensì occorre curarla e guidarla, pertanto il corteo, guidato dal sacerdote o da un diacono, sia organizzato in modo da favorire il raccoglimento e la preghiera.
Non è lecito attaccare denari alla statua che peraltro non può essere messa all’ asta e trasportata dai migliori offerenti. Non è consentito ugualmente raccogliere offerte e fermare la processione mentre si sparano fuochi artificiali.
Il pellegrinaggio, esperienza religiosa universale, è un’ espressione tipica della pietà popolare.
La partenza sia opportunamente caratterizzata da un momento di preghiera nella chiesa parrocchiale oppure in un’altra più adatta.
L’accoglienza dei pellegrini potrà dare luogo a una sorta di “liturgia della soglia” mentre la permanenza nel santuario costituirà il momento più intenso del pellegrinaggio e sarà caratterizzato dall’ impegno di conversione, opportunamente ratificato dal sacramento della riconciliazione e dalla celebrazione eucaristica, culmine del pellegrinaggio stesso.
Il santuario è un segno della presenza attiva, salvifica del Signore nella storia; è un luogo di sosta dove il popolo di Dio, pellegrinante nelle vie del mondo verso la Città futura, riprende vigore per proseguire il cammino.
Pertanto i cortei diretti ai santuari che ostentano stendardi religiosi coperti di denaro o che trasportano, danzando, trofei votivi sono proibiti.
Come proibite sono le manifestazioni di isterismo che profanano il luogo sacro e impediscono la devota e decorosa celebrazione della liturgia.
I punti vendita di “ricordi” non siano sistemati all’ interno dell’aula liturgica e non abbiano l’apparenza di un mercato.
“I santuari siano luoghi di evangelizzazione, di carità, di cultura e di impegno ecumenico, sensibile alla grave e urgente istanza dell’unità di tutti i credenti in Cristo, unico Signore e Salvatore.”
Così conclude il documento, ora starà ai vari mezzi divulgare queste norme e ai fedeli e alle varie realtà religiose campane di rispettarle.