Il film racconta la tragica storia della 21enne che poco più di 16 anni fa, nel pieno della faida di Scampia, è stata sequestrata, torturata, e uccisa dal clan Di Lauro.
E’ colpevole “la paura, il coraggio, l’ignoranza, il silenzio, il dolore, chi se la ricorda e chi fa finta di dimenticarsela. E’ colpevole chi grida, chi resta e chi se ne va”.
E’ uno dei momenti più intensi del monologo recitato da Francesco Verde, il fratello della ragazza uccisa nel 2004 dalla camorra, in ‘Gelsomina Verde’, l’intensa e coinvolgente opera prima di Massimiliano Pacifico, al debutto il 29 aprile sulla piattaforma 1895 creata da una rete di cinema d’essai.
Il film, Lama Film, Bartleby Film con Rai Cinema, è un potente mix di fiction e documentario, cinema e teatro, costruito sul lavoro con gli attori del pluripremiato regista napoletano teatrale Davide Iodice, anche cointerprete, insieme a Margherita Laterza, Francesco Verde, Giuseppe D’Ambrosio, Francesco Lattarulo, Maddalena Stornaiuolo, Pietro Casella. Prende forma, in un coro di voci e ritratto d’ambiente, la tragica storia della 21enne che poco più di 16 anni fa nel pieno della faida di Scampia, è stata sequestrata, torturata, e uccisa (il corpo poi è stato gettato nella sua auto, dandole fuoco) dagli uomini del clan Di Lauro. La ragazza, impegnata nel sociale, era diventata un bersaglio solo perché aveva avuto una breve relazione, fino a qualche mese prima dei fatti, con Gennaro Notturno, legato al gruppo degli “scissionisti”. Fatti evocati anche in un episodio nella prima stagione di Gomorra, intitolato proprio ‘Gelsomina Verde’.
Le parole di Francesco, fratello di Gelsomina Verde
“La cosa che ci ha messo in difficoltà nella serie è il fatto che raccontasse la storia di mia sorella senza che noi fossimo stati consultati prima – spiega Francesco Verde -. Noi volevamo che Gelsomina non fosse dimenticata, ma loro si si sono basati solo su quello che avevano scritto i media. Il film è nato per mettere in luce anche cose non messe finora in chiaro. La camorra ha ucciso ‘Verde Gelsomina’ mentre la famiglia Verde è stata uccisa dai giudizi di chi non sapeva la verità e parlava comunque”.
Le polemiche sui fatti (affrontate nel film) sono state alimentate principalmente dalla scelta dei genitori di Gelsomina di accettare nel 2010 il ‘risarcimento’ di 300mila euro per la morte della ragazza offerto dal boss Cosimo di Lauro. Una decisione motivata dalla paura del padre e la madre di Gelsomina che se avessero detto no, i camorristi si potessero vendicare sull’unico figlio che gli era rimasto, spiega nel film Francesco Verde.
‘Gelsomina Verde’ nasce da un corto, Centoquattordici (2014) dedicato da Pacifico alla storia da Gelsomina (114/a vittima nel 2004 della faida, ndr), realizzato attraverso il Laboratorio di cinema del Collettivo Mina (intitolato alla ragazza). Un’iniziativa creata da Gianluca Arcopinto (che era stato organizzatore generale della prima stagione di Gomorra) con le associazioni di territorio e i ragazzi delle Vele per realizzare corti che fossero un “controcanto alla serie” spiega il produttore.
“Dopo ci siamo ritrovati a voler fare del corto un lungometraggio – dice Arcopinto – che raccontasse la vicenda senza prestare il fianco alla spettacolarità (la violenta fine della ragazza non viene mostrata, ndr)”. Si vogliono esprimere “le contraddizioni di una vicenda complessa e offrire allo spettatore la possibilità di farsi un’opinione”, aggiunge Pacifico.
“Abbiamo provato a scardinare il linguaggio di un’oleografia criminale che Gomorra, al di là dei suoi meriti ha contribuito a creare – sottolinea Iodice, che porta avanti anche progetti di coesione sociale sul territorio –. C’è l’immagine di una città in cui tutti sono esperti di criminalità e molti ragazzi anche a rischio vedono nella serie una possibilità di impiego”. Nei territori “da cui vengo l’elemento di giudizio deve essere sostituito dalla consapevolezza di una responsabilità sociale. Dietro ogni morto ammazzato ci sono città dormitorio, famiglie dimenticate, abbandono scolastico”. Questo è “un film importante per tutti noi, e io lo sento in maniera particolare perché sono cresciuta in quei territori che da qualche anno stanno cambiando, a piccoli passi – dice Maddalena Stornaiuolo, attrice e operatrice sociale -. Sarebbe stato più facile un convenzionale film di fiction, con morti e retorica, ma qui ci abbiamo messo dentro tanta dignità, anche per restituirla alla famiglia di Gelsomina”.