Finiti i bonus per le auto elettriche, nodo di rifinanziamento

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Il pericolo è che a essere penalizzato possa essere il mercato italiano, con un mancato numero di circa 40mila immatricolazioni di nuove eco – auto di qui alla fine dell’anno

Niente più incentivi per comprare auto elettriche. I soldi a disposizione per l’eco-bonus che offriva, in sostanza, uno ‘sconto’ sull’acquisto di un veicolo elettrico o idrido plug-in, sono finiti. E al momento il rifinanziamento non sarebbe previsto: un nodo che per ora non sembra possa sciogliersi così agevolmente.

A guidare la partita ci sono sia il Mise che il Mef, oltre a un’attenzione interna di tutto il governo su una questione che rientra pienamente nella più ampia gestione della transizione ecologica che proprio sul settore automobilistico registra già evidenti impatti lavorativi e sociali (come dimostrano per esempio le crisi aziendali di Gkn e Gianetti).

Il pericolo è che però a essere penalizzato possa essere il mercato italiano, con un mancato numero di circa 40mila immatricolazioni di nuove eco-auto di qui alla fine dell’anno. Proprio per il 31 dicembre 2021 era infatti prevista la fine degli incentivi introdotti nella Legge di Bilancio 2018 con la programmazione ‘sperimentale’ di tre anni. I soldini sono invece durati molto meno: due anni e mezzo circa.

In base al portale ad hoc predisposto dal ministero dello Sviluppo economico restano invece a disposizione i fondi per i veicoli a benzina e diesel a basse emissioni di CO2; oltre che per le auto usate, con una piattaforma che è previsto parta a settembre.

In sostanza comprare oggi un’auto elettrica usufruendo degli incentivi non è possibile. Ma al Mise – spiegano fonti qualificate – è in corso un “lavoro responsabile sulla transizione ecologica” in una logica di equilibrio tra “tutela dell’industria e ricadute sociali“.

L’impatto della fine degli eco-incentivi per auto elettriche e ibride plug-in potrebbe contare – spiega Motus-E, l’associazione che raggruppa tutti gli stakeholder della mobilità elettrica – fino a 40mila immatricolazioni mancate, 20-25mila di veicoli per l’elettrico e altri 15mila per le ibride plug-in. Inoltre, quello che preoccupa è “l’incertezza sul 2022“; da un lato per via della “mancanza, sì, degli incentivi” dall’altro per “i problemi legati alle materie prime e ai chip, cosa che in questo momento fa soffrire l’industria. In questo modo c’è il rischio reale che il mercato italiano possa non essere più appetibile“.

L’incentivo all’acquisto, sommando eco-bonus e extra bonus (che erano cumulabili), arrivava a circa 12mila euro con la rottamazione. Al momento però anche il secondo pacchetto – rileva sempre Motus-E – è “inutilizzabile” perché non attivabile senza l’operatività del primo. Per questo, se proprio non ci saranno altri fondi, l’indicazione dell’associazione è di “spostare quelli messi a disposizione dell’extra-bonus con il decreto Sostegni bis“.

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Secondo Gian Primo Quagliano, presidente del centro studi Promotor, è necessario trovare una soluzione per rifinanziare gli eco-incentivi per tutto il 2021: “La diffusione e il forte l’interesse per l’auto elettrica non va frustato: il governo adotti un provvedimento il prima possibile. Oppure si potrebbe pensare a una soluzione intermedia che potrebbe essere quella di intervenire per splittare in due i 57 milioni ora sull’extra-bonus“.

Per il direttore di Anfia, Gianmarco Giorda, la previsione è che “la fine degli incentivi alle auto elettriche provocherà un arresto per la vendita“. Tutte e due però guardando più avanti e pensano a una programmazione con la prossima Legge di Bilancio.

Il ragionamento che viene portato avanti da alcune componenti della maggioranza di governo è legato attualmente a cercare di mantenere “un concetto di equilibrio” rispetto alla spinta generalizzata sulla transizione ecologica, quindi una “visione strategica e di scelte” che tenga in considerazione “i costi sociali” della trasformazione.

Al Mise – secondo quanto si apprende – si sta cercando di innescare un progetto che guardi alla promozione dell’elettrico, come dimostra la spinta per la produzione di batterie in Italia, ma tenendo contemporaneamente insieme le esigenze di “uno sviluppo dell’industria italiana” affinché “sia pronta a cogliere questa grande sfida“, non rinnegando la chiave di una “riorganizzazione dei bonus” (di tutti e non soltanto di quelli in discussione).