“Fiori a perdere”, i luoghi dell’infanzia nel romanzo di Elisabetta Violani

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"Fiori a perdere", i luoghi dell'infanzia nel romanzo di Elisabetta Violani

“Fiori a perdere” di Elisabetta Violani è una storia intrigante e corale, in parte autobiografica che si svolge negli anni ‘70-‘80 e racconta infanzia e adolescenza di un gruppo di ragazzi che passa buona parte della vita “in strada”, via Gigliola Sfiorita, che si inerpica su una collina con il suo asfalto grigio. Un tempo apparteneva al quartiere Città Giardino, ma la cementificazione brutale ha sostituito il verde con casermoni e colate di cemento che in estate si arroventano togliendo il fiato. Dalla via, che prende il nome da una poco nota naturalista, si vede il mare da lontano, presenza costante e imprescindibile, inconscio punto di riferimento dei personaggi: ragazzi di diverse età, negozianti che tengono viva la strada, famiglie dalle origini più disparate che convivono nello stesso quartiere condividendo gioie e dolori. I protagonisti dovranno affrontare il problema della droga che in quegli anni miete innumerevoli vittime soprattutto fra i giovani che vedono nella droga il mezzo con cui riempire il vuoto delle loro vite. Ognuno seguirà un suo percorso esistenziale, inesorabilmente accompagnato da quello della via che al pari degli esseri umani che la popolano, giungerà a vedere compiuto il suo destino. La prefazione è di Valeria Corciolani e la postfazione di Sabrina De Bastiani.

L’autrice racconta luoghi di un tempo passato, un tempo che narra di vite, di storie, di sentimenti, sensazioni. La Violani ricorda in questo modo la sua infanzia, l’adolescenza, la gioventù, quando tutto era più bello, più facile, quando c’era una società migliore, non nascondendo anche i dolori e le paure di quella vita passata. E ha anche raccontato la città di Genova, i suoi cambiamenti in positivo e in negativo, la morfologia della città che è mutata nel tempo, restando madre e matrigna per i suoi abitanti. Una storia, in parte autobiografica, che si svolge tra gli anni settanta e ottanta, i cui un gruppo di amici trascorre le sue giornate in una strada che si inerpica sulla collina con il suo asfalto grigio. Con vari soprannomi, la Violani li segue dalle elementari all’università, descrivendo il loro percorso esistenziale tra le naturali difficoltà della vita. L’occhio della scrittrice si sofferma sul destino che è nelle mani di questi giovani, definiti appunto “Fiori a perdere”, ma che invece hanno la forza e la volontà per potersi costruire un futuro migliore. Una storia universale che unisce i giovani di ieri e quelli di oggi, perché tutti abbiamo vissuto le stesse preoccupazioni e le stesse gioie, sia pur in periodi diversi, in città diverse.E’ bello farsi cullare dalla scrittura della Violani, tagliente come solo la narrazione vera deve essere, precisa, coinvolgente, lucida. Niente malinconia nella penna della scrittrice, ma solo un racconto diretto ed efficace di un periodo che è stato, che non potrà ritornare e ha portato poi grandi insegnamenti a quei piccoli eroi che sulla propria pelle hanno vissuto vittorie e fallimenti.

“Fiori a perdere” è un libro bello perché è vero, spontaneo, perché riflette la nostra gioventù. Vi sembra poco?

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