Attualità

Dalla fisica la ricetta per la pizza perfetta senza lievito

La tecnica usata per la pizza, potrebbe essere applicata in futuro anche ad altri tipi di impasti, come quelli di pane, torte e snack

Mescolare acqua, farina e sale, aggiungere anidride carbonica quanto basta e poi infornare ad alta pressione in autoclave: è questa la ricetta per far crescere l’impasto della pizza senza lievito, messa a punto da un team di esperti di scienze dei materiali dell’Università Federico II di Napoli prendendo in prestito tecnologie e know-how dalla produzione dei polimeri termoplastici. La tecnica, pubblicata sulla rivista Physics of Fluids, potrebbe essere applicata in futuro anche ad altri tipi di impasti, come quelli di pane, torte e snack, per andare incontro alle esigenze dei consumatori che soffrono di allergia al lievito.

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Proprio come il coordinatore dello studio Ernesto Di Maio, che a 25 anni ha iniziato a soffrire di orticaria ogni volta che mangiava la pizza. Per questo, insieme al suo team (che comprende anche un ricercatore che lavora part-time in una pizzeria sulla costiera amalfitana), ha pensato di cercare un metodo alternativo di lievitazione dell’impasto.

Il processo biochimico con cui il lievito produce le bolle è stato quindi sostituito con un processo fisico che prevede di insufflare gas (anidride carbonica o elio) nell’impasto mentre la pressione viene portata a 10 atmosfere dentro a un’autoclave, con la temperatura a 150 gradi per 10 minuti. Il gas disciolto nell’impasto ad alta pressione finisce per formare le bolle mentre la pressione viene rilasciata durante la cottura.

“La chiave del processo – spiega Di Maio – è trovare la giusta velocità di rilascio della pressione in modo da non stressare l’impasto, che ama espandersi delicatamente”. Dopo aver studiato le reazioni di una piccola palla di impasto e dopo diversi assaggi, i ricercatori stanno acquistando un’autoclave più grande per uso alimentare con cui produrre pizza a grandezza naturale per i futuri esperimenti.

“Ci siamo divertiti molto ad applicare ciò che conosciamo a polimeri deliziosi, invece che ai nostri soliti materiali plastici talvolta puzzolenti”, commenta Rossana Pasquino, tra gli autori dello studio. “L’idea di approcciare il cibo con le stesse tecnologie e conoscenze usate per i polimeri termoplastici ha avuto un successo sorprendente”.

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Redazione Desk

Questo articolo è stato scritto dalla redazione di Road Tv Italia. La web tv libera, indipendente, fatta dalla gente e con la gente.

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