Un flash mob per i trasporti pubblici. L’idea è venuta a una ragazza di Quarto, Agnese. Agnese non è iscritta a nessuna associazione o organizzazione o gruppo; è una semplice e comune cittadina, proprio come tutti noi. Agnese era, è, una grande fan di Pino Daniele: la notizia della sua morte l’ha profondamente colpita. I due giorni che hanno seguito la tragica notizia sono stati dolorosi per lei, come per tanti napoletani. Poi però, nel dolore, si è fatta strada lentamente una rivelazione inaspettata: tutto il trambusto creatosi intorno alla morte di Pino Daniele, la grande partecipazione popolare, il flash mob in sua memoria, le mobilitazioni di piazza in ricordo del cantautore, la maxi affluenza ai funerali, tutto questo ha dato ad Agnese una nuova, stupenda consapevolezza. Che Napoli c’è, e che i napoletani, quando vogliono, sanno come farsi sentire.
Allora, Agnese ha pensato di provare a mobilitare il suo popolo per una causa sociale: scendere in piazza per provare a scuotere le coscienze, quelle dormienti e rassegnate dei cittadini, e quelle più consapevoli, e forse anche un tantino sporche, dei politici, per provare a generare un cambiamento radicale in uno dei settori pubblici più disastrati in Campania: il trasporto pubblico. Utopia, penserà qualcuno. Eppure questa mattina in piazza Dante, c’era parecchia gente. Cittadini comuni, proprio come Agnese, stanchi dei continui rincari sui costi del trasporto pubblico a cui, paradossalmente, corrisponde un peggioramento, lento ma inesorabile, dei servizi.
Treni fatiscenti, ritardi costanti, annullamenti delle corse e ora anche il rincaro del costo dei biglietti: l’entrata in vigore del nuovo sistema tariffario predisposto dalla Regione Campania, che ha visto il vecchio biglietto “Unico” sostituito da due nuove tipologie di ticket, uno integrato (Tic) e uno per la corsa singola, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Non soltanto perché il cambiamento ha generato all’interno della macchina già zoppicante del trasporto pubblico un vero e proprio bailamme, ma anche perché l’aumento dei biglietti, con l’adeguamento alle nuove fasce tariffarie, per alcuni cittadini è stato di una entità davvero inaccettabile. Non stiamo parlando di pochi centesimi, ma di cifre duplicate se non triplicate. Ad esempio, ci spiega un manifestante, per andare da Battipaglia a Capaccio, entrambi comuni della provincia di Salerno, il costo del biglietto è passato da 1,60 euro (Unico) a 4,60 euro (Trenitalia). Un prezzo assurdo per una corsa singola di poco più di 20 km.
Il problema non è solo a Napoli e in Provincia. Il trasporto pubblico è allo sfascio in tutta la Regione Campania. La colpa, secondo chi conosce bene la situazione politica, è dell’amministrazione Caldoro. A puntare il dito contro il governatore e contro l’assessore regionale ai Trasporti Sergio Vetrella è Francesco Emilio Borrelli, esponente dei Verdi e giornalista de La Radiazza. “Durante i 5 anni di governo Caldoro abbiamo avuto un aumento del 60% del costo medio dei biglietti” spiega Borrelli. “Una cosa vergognosa, che mai nessun altra amministrazione si era permessa di fare”. Soprattutto se si considera che all’aumento dei costi corrisponde un decremento dei servizi. “Addirittura alcuni istituti scolastici sono stati costretti a cambiare gli orari di ingresso per adeguarli a quelli dei treni che non arrivano, o arrivano in ritardo” denuncia Borrelli riprendendo un articolo apparso su Fanpage.it in merito alla situazione di Cumana e Circumflegrea, linee ferroviarie gestite dall’ormai fallita Eav. “E sapete chi è l’amministratore dell’Eav?” tuona Borrelli. “Un certo Nello Polese, già sindaco di Napoli nei primi anni ’90, arrestato per bancarotta del Comune”. Insomma, qualcosa non torna. “Sembra quasi che tutto ciò che tocca Polese vada in fallimento” ironizza Borrelli.
Le stranezze però non succedono solo in seno alla Eav. Anche nel Consorzio Unico Campania c’è qualcosa che non va. L’azienda è stata letteralmente spezzettata in 10 aziende diverse. E, da quando, lo scorso primo febbraio, Antonietta Sannino ha lasciato il suo incarico ventennale di amministratore unico del Consorzio Unico Campania, gli utenti non sanno più a chi fare riferimento. E i numeri verdi? Macché. “La maggior parte delle volte ci attaccano il telefono in faccia” denunciano gli utenti. Una deriva del settore del trasporto pubblico in Campania che la stessa Antonietta Sannino non aveva mancato di denunciare in un’intervista rilasciata a Il Mattino in occasione delle sue dimissioni: “In nessuna regione d’Italia sono stati fatti tagli così pesanti come quelli effettuati dalla Regione Campania. Il 27% in meno pesa come un macigno. Sarebbe bastato poco per evitare il disastro attuale. Non voglio assistere inerme alla distruzione del servizio dei trasporti”. Le sue parole, oggi che questo disastro è arrivato, suonano più che mai profetiche.
“Noi vogliamo provare a cambiare qualcosa, restando uniti. Abbiamo creato anche un hashtag, #noinoncistiamo. La nostra battaglia continuerà, nella speranza di riuscire a ottenere dei risultati” dice Agnese. E si vede che ci crede veramente, in questo cambiamento possibile. D’altronde non è la sola. Insieme a lei, in piazza, anche tanti giovani, attivisti e rappresentanti del Carc e dell’Usb, per combattere una battaglia che per la prima volta vede schierati fianco a fianco utenti e dipendenti del trasporto pubblico. Perché i tagli sfregianti al settore colpiscono indiscriminatamente sia gli uni che gli altri. “Nonostante abbiano sempre cercato di farci credere il contrario” spiega Roberto del Carc. “Una guerra tra poveri è l’ultima cosa che vogliamo” gli fa eco Marco Sansone, del Coordinamento Trasporti Usb.
Il prossimo appuntamento è previsto per il 31 gennaio 2015 alle ore 17 presso la sede dell’Usb di via Carriera Grande. Si continueranno a raccogliere le firme per presentare una petizione in Regione, e si procederà anche all’organizzazione delle azioni del neonato Comitato Utenti e Lavoratori per un Trasporto Pubblico e Dignitoso. “Siamo stanchi di pagare per l’incompetenza di chi ci governa” grida Deborah al megafono. Le mani le tremano dalla rabbia. “Cà nisciuno è fesso. Mò basta”.
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