Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, Napoli si riempie di eventi. Ma siamo davvero pronti ad estirparla? (VIDEO)

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di Giuliana Gugliotti

Ieri il tempo è stato clemente. Il nubifragio, abbattutosi in nottata sulla città, ha invece risparmiato le ore diurne di questo 25 novembre 2013, permettendo così a centinaia di cittadini e cittadine di scendere in piazza. Ma certamente, anche se ci fosse stata pioggia, loro ci sarebbero stati comunque: persone comuni, artisti e politici, a invadere le strade della città per dare e ridare voce (e speranza) a tutte le donne che oggi, vive o morte, non possono o non vogliono (più) parlare.

La Giornata internazionale contro la Violenza sulle Donne ha visto una massiccia partecipazione da parte dei cittadini napoletani: Napoli si è riempita di manifestazioni, flash mob, reading, e di un solo colore, il rosso, quello scelto per ricordare le vittime di femminicidio (128 dall’inizio dell’anno) e tutte le donne che oggi continuano, in silenzio, a subire atti di violenza, da parte dei padri, dei mariti, dei colleghi di lavoro. Degli uomini, o meglio, di tutti quegli uomini che ancora considerano la donna come un oggetto, una cosa da possedere, una costola del maschio, il sesso “debole” da sottomettere a quello forte attraverso una violenza che molto spesso è invisibile, psicologica, morale, e solo in ultima analisi fisica.

 

TUTTI GLI EVENTI A NAPOLI – Il Comune di Napoli ha organizzato per l’occasione una giornata di studio al Maschio Angioino, “Mai più violenza sulle donne“, per fare il punto della situazione sulle politiche sociali già messe o ancora da mettere in atto per arginare un fenomeno dilagante. Dalla mattina si sono alternate le voci di esperti e politici, con l’apertura dei lavori da parte del sindaco Luigi De Magistris e gli interventi delle tre “assessore” del Comune di Napoli, Anna Maria Palmieri, Roberta Gaeta e Alessandra Clemente. Alle 13,30 invece a il Centro Direzionale si è animato di suoni e balli con l’iniziativa di tutte le consigliere della Regione Campania che hanno organizzato, grazie all’accademia di danza L’Arte del Movimento, una street performance per metterci “la faccia e il corpo”, come spiega Angela Cortese, prima firmataria di una legge contro il femminicidio che il Consiglio Regionale ha votato, ma che è ancora in attesa di attuazione a causa della mancanza di fondi.

Chiunque si sia trovato a passare in via Toledo alle 16 invece ha potuto assistere alla performance della compagnia teatrale Mind the Gap, che insieme all’associazione Se non ora quando? e alle studentesse dell’istituto Villari ha organizzato un reading teatrale, con giovani attrici che hanno prestato la voce ad altrettante donne, reali o immaginarie, per raccontare il calvario, la storia dell’amore malato che le ha condotte infine alla morte per mano di un uomo. A seguire, la manifestazione organizzata da Cgil Cisl e Uil alla Galleria Umberto I ha voluto ricordare le vittime di femminicidio con una serie di performance organizzate da alcuni istituti superiori, accompagnati da un’orchestra composta da tutte donne musiciste, e leggendo i nomi delle donne uccise dai mariti, dai figli, dagli amanti.

Anche l’Ordine degli Psicologi si è mobilitato con un convegno dal titolo Oltre il Silenzio, per fare il punto della situazione sul ruolo che l’ascolto ha nell’aiutare le donne vittime di violenza a non sentirsi sole, a trovare il coraggio di denunciare gli atti brutali prima che si trasformino in gesti estremi. A questo scopo l’ordine ha realizzato, in collaborazione con l’Osservatorio sulla Violenza alle Donne, un volantino informativo con gli indirizzi di tutti i centri di ascolto anti-violenza in Campania. Infine la giornata si è conclusa al San Carlo, con lo spettacolo in memoria di Franca Rame, donna coraggiosa che denunciò lo stupro, subito per motivazioni politiche, voluto dall’assessore al Welfare Roberta Gaeta e patrocinato dal Comune di Napoli.

 

BILANCIO POSITIVO, MA NON BASTA – Insomma, l’attenzione sul tema femminicidio, che rischia di diventare una vera e propria emergenza sociale, è più che mai viva in una città che da sempre lotta contro ogni forma di violenza e di discriminazione. Un bilancio senza dubbio positivo, ma la strada da fare è ancora lunga, e i perché sono tanti. Estirpare la violenza significa innanzitutto imparare a riconoscerla, anche se si tratta di gesti sottesi, piccole discriminazioni che potrebbero passare inosservate, atti di violenza psicologica e morale di cui ogni donna, tuttora, si dice vittima costante ovunque, in famiglia, in strada, al lavoro. Estirpare la violenza significa ancora estirpare la vergogna, il senso di colpa, l’implicita convinzione di essere stata causa del suo male che ogni donna vittima di violenza prova; estirpare la violenza significa dare alle donne il coraggio di denunciare, di parlare, di raccontare piccoli abusi e soprusi quotidiani, primo campanello d’allarme di una prevaricazione in atto che potrebbe sfociare in gesti estremi. Estirpare la violenza significa, in sostanza, fare prevenzione, cambiare il modo di pensare, la mentalità di uomini e donne rispetto alla divisione dei ruoli, ai rapporti di forza tra i sessi, agli equilibri interni alla relazione di coppia e non, a ciò che è giusto e a ciò che non lo è.

Estirpare la violenza significa, come ha raccontato una donna ai nostri microfoni, educare i propri figli al senso profondo di una parità e un rispetto tra i sessi che sia non soltanto nominale, ma di fatto. “Io, da sempre succube prima di mio padre, poi di mio marito, ho cresciuto mio figlio in modo completamente diverso. Gli ho insegnato ad essere un uomo, non soltanto un maschio”.

Estirpare la violenza significa andare oltre la violenza, e guardare alla società, complessiva e complessa, per migliorarla nel profondo delle sue logiche e delle sue dinamiche. Se siamo o no pronti per questo tipo di discorso è difficile dirlo. Di certo non lo saremo mai se, tutt’oggi, davanti alla performance di un gruppo di ragazzine del liceo in tacchi alti e rossetto rosso, ci sarà ancora – come c’è stato – un uomo, un passante, che commenterà: “Se c’è la violenza sulle donne è perché le donne fanno qualcosa di sbagliato“. Con questa mentalità, mi dispiace dirlo, non andremo da nessuna parte.

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26 novembre 2013