In tempo di crisi anche i Giudici di pace scioperano. I magistrati hanno incrociato le braccia a partire dal 29 settembre e hanno annunciato una protesta che andrà avanti fino al 3 ottobre. Alla base della protesta il mancato accordo con il ministro Orlando al tavolo ministeriale del 12 settembre. I giudici hanno chiesto maggiori tutele dal punto di vista assistenziale e previdenziale, negativo il parere del ministero.
La protesta si inserisce nel contesto di una necessaria rivalutazione della figura del Giudice di pace. Questa figura professionale è stata introdotta in Italia da 20 anni e da allora sono ferme le indennità fissate a circa 260 euro mensili. Una miseria se si pensa che attraverso i Giudici di pace passa circa il 50% dei giudizi con un costo che si aggira intorno al 10% se confrontato a quello dei magistrati ordinari.
“Le ragioni dello sciopero – spiega Giuseppe Rachiglio, membro dell’esecutivo Nazionale del sindacato Unione Nazionale Giudici di pace – si fanno risalire a due motivi fondamentali: la prima di rivendicazione dei diritti costituzionali cui ogni lavoratore è legato ossia la garanzia del lavoro, l’abolizione della precarietà, l’eliminazione del cottimo nella retribuzione , l’assistenza, la possibilità di congedi per la maternità e la previdenza; la seconda di natura pubblica”.
Come annuncia lo stesso Giuseppe Rachiglio sarà indetta nei prossimi giorni una conferenza stampa per sensibilizzare ancor di più l’opinione pubblica su una vertenza, quella dei Giudici di pace, che rischia di paralizzare la macchina giudiziaria italiana. Alla conferenza è prevista la partecipazione di diversi consiglieri regionali, che hanno già offerto la loro solidarietà ai togati e, molto verosimilmente, la partecipazione del presidente dell’Unagipa Gabriele Longo e dell’Onorevole Leonardo Impegno.