Volendo sottolineare ancora una volta, contro qualsiasi stanchezza e manierismo, l’importanza del sito archeologico degli Scavi di Pompei e la responsabilità che esso implica di fronte le generazioni future, oggi la Soprintendenza ha dato notizia di un’altra e mai verificatasi scoperta: argilla cruda pronta alla cottura in fornace.
All’interno di una bottega di vasai, notifica la Soprintendenza, “a pochi metri dalla fornace è stato rilevato uno strato di lapilli del 79 d. C. che rinchiudeva, proteggendoli, una decina di vasi non ancora cotti. Una prova diretta che la bottega era in piena attività in quel giorno” è la grande presenza di vasellame crudo da cuocere. La stragrande maggioranza dei reperti è una serie di “boccalini a parete sottile, usati per bere o contenere alimenti, decorati con piccole incisioni e ingobbiati; i cosiddetti “pignattini” descritti dagli scavatori dell’800 nei giornali di scavo dell’epoca (…)”. Questi “elementi finora mai documentati“, come torni di vasai, anfore e scaffali contenenti argilla cruda sono “fondamentali per la conoscenza della lavorazione della ceramica e delle tecniche usate dagli antichi nell’ars figulina (della ceramica) durante il I secolo a. C.”.
Questa riemersione è la conferma notevole secondo la quale l’antica civiltà romana non ha ancora interrotto il dialogo con quella moderna e continua a far parlare di sé attraverso incredibili frammenti d’esistenza.
L’intero lavoro di scavo è stato reso possibile grazie al finanziamento del Ministero degli Esteri francese, che con il Centre Jean Bérard e dell’École Française de Rome, Laëtitia Cavassa, Bastien Lemaire e alla Soprintendenza, sin dal 2000, hanno realizzato un progetto di ricerca altrimenti impossibile per i nostri “incompetenti ministeri”. L’interesse archeologico francese sta curando gli scavi nei pressi della Necropoli Porta Ercolano, al di fuori delle mura cittadine e possiede la finalità di documentare l’economia artigiana, in particolar modo le attività produttive inerenti la trasformazione delle argille, nella civiltà pompeiana.
Lo scavo porta avanti uno studio di paternità borbonica risalente al 1838, il cui patrimonio di esperienze, grazie alla lungimiranza di terre straniere, non è stato disperso.
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